di Massimo Colonna
Soltanto uno dei dipendenti del Comune di Stroncone ha risposto alle domande del gip negli interrogatori di garanzia. Gli altri sei invece si sono avvalsi della facoltà di non rispondere in attesa delle decisioni dell’autorità e anche di leggere bene tutte le carte del fascicolo aperto dal procuratore Elisabetta Massini. Ora la parola spetta al gip Maurizio Santoloci che dovrà decidere se confermare le misure cautelari emesse a carico dei sette dipendenti al momento dell’arresto.
Stroncone mercoledì mattina dopo gli arresti
Intervista: parla il procuratore
Gli interrogatori Sono iniziati alle 8.30 al terzo piano del tribunale di Terni gli interrogatori di garanzia dei sette dipendenti arrestati per l’inchiesta ‘Badge in Comune’, messa a segno dai carabinieri del comando provinciale di Terni su presunti casi di assenteismo. Agli arresti domiciliari sono finiti sette dipendenti dell’autoparco comunale, dopo che il sindaco Albrto Falcini nell’ottobre scorso aveva presentato un esposto alla magistratura proprio per segnalare i casi contestati.
Silenzio per sei In sei si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Tramite i loro legali poi, ossia Massimo Carignani, Massimo Proietti, Giorgio Cerquetti, Federica Bigi, Arnaldo Sebastiani e Gianluca Bassetti, hanno tutti presentato richiesta di revoca della misura degli arresti domiciliari o di sostituzione. In particolare qualcuno avrebbe richiesto l’obbligo di firma e il divieto di rientro nel Comune di Stroncone, ovviamente per i dipendenti residenti a Terni o Narni, affinché possa venire meno anche l’eventuale rischio di reiterazione del reato.
Le decisioni A definire il quadro sarà dunque la decisione del giudice Maurizio Santoloci, il gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare per tutti e sette. Intanto il lavoratore che ha risposto alle domande, 37enne difeso dall’avvocato Carignani, avrebbe concesso qualche ammissione sulle contestazioni della procura, negando però altri passaggi.
Le difese La linea difensiva prevalente comunque, al di là di qualche caso contestato come quello dei badge timbrati da un solo elemento per tutti, ripreso dalle telecamere e mostrato tra l’altro anche in conferenza stampa, dovrebbe essere quella di far emergere il contesto lavorativo dei sette finiti agli arresti. In linea generale tutti hanno sempre dato la massima disponibilità per lavori anche fuori orario, ovviamente retribuiti a dovere, nel corso di carriere per la maggior parte di almeno una ventina d’anni all’interno della struttura comunale. In una situazione tra l’altro, come quella di un autoparco comunale in cui i lavori lungo le strade possono essere necessari a qualsiasi ora, di gestione differente rispetto ai normali orari di ufficio. Elemento questo che farebbe emergere, secondo le difese, l’assenza di una volontà scientifica e sistematica di assentarsi dal lavoro.
Taglio dello stipendio Intanto per i dipendenti, secondo quanto previsto dal contratto nazionale del lavoro, è scattato il taglio del 50 per cento dello stipendio. Questo perché a livello tecnico non possono essere considerati operativi per il Comune, visto che sono agli arresti domiciliari. La situazione potrebbe cambiare quando terminerà il periodo di detenzione. A quel punto però potrebbe essere la stessa amministrazione, da cui ricordiamo è partito l’esposto, a sospendere i lavoratori. Per l’eventuale licenziamento bisognerà attendere invece una prima sentenza.
Twitter @tulhaidetto