Diego Raggi, il fratello di David

di Massimo Colonna

«E’ positivo vedere il vento del cambiamento. Ce la siamo vista brutta, ma dopo che ho sentito la sentenza ho ripreso a respirare». Così Diego Raggi ricostruisce mentalmente la giornata di mercoledì, passata nelle aule del tribunale di Perugia per l’udienza di appello nel processo aperto per la morte di suo fratello David, morto a marzo 2015 ucciso da Amine Aassoul, detto Aziz. Dopo la camera di consiglio la corte ha confermato i 30 anni della prima condanna proprio a carico del 29enne di origine marocchina. «I tafferugli fuori dal tribunale? Non voglio entrare in queste cose, ma lui (Aziz, ndr) ha provocato».

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Il vento del cambiamento Il primo elemento che viene in mente a Diego è proprio il «vento del cambiamento». «Siamo soddisfatti – spiega – per quanto questa parola possa avere senso dopo aver perso un fratello, perché comunque la giustizia ha funzionato. Se vogliamo dare la svolta all’Italia, questa è la strada giusta. La gente deve capire che chi commette reati deve pagare per quello che ha fatto. E questa giornata per noi significa anche questo». Una tesi che lo stesso Diego ha sostenuto anche a commento della sentenza di primo grado, quando disse «l’Italia non è il Paese dei Balocchi». «Questo sentimento – continua – l’ho notato anche negli occhi degli amici di David che erano fuori dal tribunale. Vederli lì aiuta molto, dà sollievo vedere che c’è gente che lotta accanto a te proprio per far passare questo messaggio di cambiamento».

Mattinata iniziata male Al termine dell’udienza è arrivata dunque la conferma della condanna a 30 anni. Anche se prima della camera di consiglio la procura generale aveva chiesto l’abbassamento della pena a 18 anni per via dell’esclusione dell’aggravante dei futili motivi contenuta nel dispositivo. «Lì ce la siamo vista brutta – spiega il fratello di David – e sinceramente non mi so spiegare questo passaggio. Non capisco come possa essere uscita questa richiesta ma le questioni tecniche le lascio spiegare al nostro avvocato Massimo Proietti, che per fortuna poi ha ribadito la nostra posizione e che voglio ringraziare personalmente ancora per tutto quello che sta facendo. Quello che posso dire è che mia madre, che era fuori dal palazzo insieme agli amici di David, quando ha saputo di questa richiesta ha avuto un mezzo mancamento. Lì è stata dura, l’ho rincuorata e per fortuna alla fine siamo tornati a respirare dopo la lettura della sentenza. Non è facile gestire questi momenti».

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La richiesta a 18 anni A far discutere nelle ore immediatamente successive l’udienza è la richiesta del procuratore generale che nel suo intervento ha chiesto la diminuzione della condanna a 18 anni, rispetto ai 30 della prima, in virtù dell’esclusione dell’aggravante dei futili motivi. Ipotesi respinta poi dal dispositivo finale e che l’avvocato Massimo Proietti spiega così: «La procura ha espresso il suo punto di vista, ritenendo che Aziz in quel momento tentasse di scappare e quindi avesse bisogno di aprirsi un varco tra la gente. E scappando ha colpito David che in qualche modo rappresentava un ostacolo per la sua fuga. Io ho sostenuto, come letto anche nelle testimonianze finite negli atti dell’inchiesta, che David in quel momento si è bloccato, è rimasto immobile e ha per giunta alzato le mani. Era quindi un ostacolo fisso e quindi bastava girargli intorno oppure ignorarlo per superarlo, non era necessario colpirlo». In aula poi l’avvocato Proietti ha citato un esempio: «Se David le mani invece di metterle in alto le avesse stese parallele al terreno cercando di bloccarlo, solo allora l’idea della procura poteva anche ipoteticamente configurarsi, secondo il nostro punto di vista. Ma invece no, nulla di tutto questo è accaduto, David ha alzato le mani ed è stato quindi colpito deliberatamente per un motivo irrilevante che ha scatenato l’ira».

Il dito medio Momenti di tensione si sono avuti quando Aassoul ha lasciato il palazzo di giustizia mercoledì nel primo pomeriggio e ha risposto alla provocazione degli amici della vittima mostrando il dito medio. «Ho visto – racconta Diego sospirando – e mi hanno anche raccontato che lui ha fatto quel gesto. Io sinceramente non voglio mettermi in questa discussione, perché si commenta da solo. Mi dispiace ci siano stati momenti di tensione ma solo per gli amici di mio fratello e per gli agenti della polizia penitenziaria».

@tulhaidetto

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