Giacomo Leonelli

di Daniele Bovi

Si narra di una chat Whatsapp in cui sono riuniti alcuni leonelliani che si chiamerebbe «PuntoAcapo», il che dà il senso della svolta anche se in realtà è stata creata dai tempi della famosa iniziativa con Anna Ascani. Punto e a capo, senza rinvii come fatto invece da Matteo Renzi, lo mette il segretario regionale del Pd dell’Umbria Giacomo Leonelli, che decide di dimettersi (la notizia era nell’aria da lunedì sera)  dopo il clamoroso zero a cinque nei collegi. Senza neanche pronunciare il classico «buongiorno», anche perché tutto sommato un buongiorno non è, Leonelli va dritto al punto: «Mi dimetto in primis per dare un segnale a elettori, simpatizzanti e militanti; per loro vedere quell’Umbria blu è un colpo al cuore. Il secondo motivo è che con il venir meno della mia figura si potrà fare una valutazione franca, senza alibi o retro pensieri, senza tatticismi figli di dinamiche interne. Smettiamola di prenderci in giro sulle cause che hanno portato a questa situazione».

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Il percorso La giornata di lunedì è stata durissima, con una lunga segreteria (che si è dimessa in blocco insieme a Leonelli) e messaggi in direzione Roma, in particolare al cellulare del segretario Renzi, al quale è stato chiesto un atto di chiarezza. Ora in Umbria il percorso prevede una riunione della Direzione la prossima settimana per analizzare quanto successo e decidere se dare vita a un congresso anticipato o nominare un reggente per traghettare il partito verso il fondamentale appuntamento di primavera. Il Pd umbro infatti nonostante la scoppola sia pesantissima non ha tempo per rimanere imbambolato: «Dobbiamo capire – dice Leonelli – come affrontare le amministrative e le regionali; non dobbiamo perdere troppo tempo e serve un ragionamento sull’Umbria».

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L’analisi Il segretario inscrive quanto successo in un quadro nazionale, dove le dinamiche locali hanno influito solo fino a un certo punto: «Come Pd abbiamo ottenuto il terzo risultato d’Italia, e questo succede sia quando perdiamo che quando vinciamo, ma questo non è autoassolutorio». Il segretario infatti definisce la sconfitta come «eclatante ma all’interno di un quadro nazionale, che non possiamo dimenticare». Quanto alle liste, «io non ho cercato la candidatura; hanno deciso i tavoli nazionali. Io ci ho messo la faccia, mi sono impegnato al massimo e non ho rimpianti tanto che il mio risultato è il migliore tra i collegi». Non troppa importanza il segretario la dà alla composizione della squadra: «Nessun consigliere regionale sarebbe stato in grado di chiudere quei gap; i consensi personali non spostano così tanto. La composizione ha creato delle tensioni, per le quali però ora non abbiamo tempo e credo che tutti alla fine abbiano fatto la loro parte».

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Basta tensioni Benché i sospetti tra i leonelliani ci siano eccome il messaggio che l’ormai ex segretario vuole mandare è chiaro: sopire, troncare dato che «le tensioni vanno appianate il prima possibile e visto che potrei essere io il catalizzatore mi faccio da parte». In un quadro nazionale viene inserito anche il boom della Lega, il tema dell’immigrazione che ha influito e il fatto che «abbiamo dato in campagna elettorale le risposte peggiori, su quello che abbiamo fatto e sul futuro; non sono entrate nelle teste e nelle orecchie degli italiani». E mentre gli altri partiti, in particolare il M5s, sembrano essere rimasti fermi o quasi sul territorio durante la campagna elettorale, secondo Leonelli «non hanno pagati i 150 incontri sul territorio, almeno 120 dei quali fuori dal nostro recinto. La percezione è che il voto sia figlio di una dinamica nazional-televisiva», tanto che ora «è anche il momento di ragionare sulla forma partito, su come si svolge il ruolo nei territori».

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Polinori in bilico Leonelli chiama tutti alla responsabilità e alla necessità di un lavoro fatto di «umiltà e approccio di basso profilo, senza apparire come quelli che hanno sempre la soluzione in tasca». Poche parole, sollecitato dalla stampa, l’ormai ex segretario le dedica al tema delle conseguenze del voto sulle comunali 2019 («vedremo quale sarà la migliore strategia»), ma in segreteria lunedì pomeriggio è stato il segretario cittadino Paolo Polinori a porre sul piatto il tema del suo futuro, spiegando che la sua nomina è il frutto di un quadro spazzato via dal 4 marzo. Insomma, scossoni potrebbero esserci anche al vertice del Pd cittadino. C’è poi il tema della coalizione da costruire in vista delle amministrative, con i socialisti che soprattutto a Perugia si sono tirati fuori dalla contesa, facendo irritare non poco Leonelli.

La coalizione «Il nostro alleato storico – ha detto l’ex segretario, certificando anche la morte dello schema anni ’90 e Duemila che si basava su un’alleanza con una forte sinistra che ora non c’è più – ha dichiarato chiusa la sua esperienza nel centrosinistra, ne prendiamo atto e ora dovremo riarticolare la coalizione con partiti e movimenti che hanno dato contributo alla nostra causa». Dall’altra parte il segretario del Psi umbro Carlo Carini parla della necessità in una nota di ricomporre «un’area riformista che torni a parlare di politica, di proposte, ad affrontare le problematiche reali dei cittadini, uscendo dai palazzi per tornare nei territori, riscoprendo la capacità di ascoltare la gente e offrire loro sostegno e comprensione. Su queste basi i socialisti umbri sono pronti a sedersi intorno ad un tavolo con le altre forze del centro sinistra». Una svolta Leonelli vorrebbe vederla anche in Regione: «L’azione riformista – dice – va accelerata e tutto quello che può essere fatto va fatto. All’Umbria serve una spinta di grande innovazione anche per quanto riguarda il governo regionale». Più chiaro di così.

Twitter @DanieleBovi

 

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3 replies on “Pd, Leonelli si dimette: «Serve segnale forte, pure in Regione». Anche Polinori in bilico, tensioni col Psi”

  1. Questi dirigenti si sono dimostrati incapaci, presuntuosi e impreparati. Renzi li ha contagiati. Riconsegniamo questo partito a chi lo merita.

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