Umbria e Valle d’Aosta le regioni più virtuose, almeno se si guarda al numero assoluto di sentenze della Corte di Cassazione legate alla corruzione del mondo politico. Il quadro lo ha tracciato venerdì la fondazione Res in uno studio sulla corruzione presentato a Palermo, a palazzo Branciforte. Fonti della ricerca sono la banca dati delle sentenze della corte di Cassazione dal 1985 a oggi e i casi considerati nelle autorizzazioni a procedere del Parlamento. Solo un caso, secondo quanto riporta lo studio, è stato registrato in Umbria in questo lasso di tempo mentre è la Campania la regione col maggior numero di reati legati alla corruzione politica, seguita dalla Lombardia e poi dalla Sicilia. E se i reati contestati ai politici tra il 1980 e il 1994 erano 400, scesi a 317 tra il 1995 e il 2004, cioè dopo l’ondata di Tangentopoli, ora i reati commessi dai politici sono saliti a 517.
Lo studio Comuni e Regioni secondo quanto emerso dall’indagine diretta da Rocco Sciarrone, che insegna sociologia della criminalità organizzata all’università di Torino ed è uno dei maggiori esperti europei in materia, sembrano essere i terreni più fertili per le mazzette (i reati di corruzione sono maggiormente presenti a livello comunale, 55 per cento, mentre quelli associativi a livello regionale, 46 per cento). È qui, più che in altri livelli dello Stato, che si annida la corruzione da parte di politici che se prima del 1992 nel 42 per cento dei casi intascava soldi per il partito, dopo Tangentopoli lo fa solo nel 7 per cento delle sentenze studiate; insomma, quelli che hanno rubato lo hanno fatto per loro stessi e per una ristretta cerchia di fedelissimi. Una corruzione che sembra tornata a proliferare nell’ultimo decennio in particolar modo nel Mezzogiorno e nel Nord Ovest del paese mentre nelle ormai più o meno ex regioni rosse e bianche il fenomeno sembra arretrare.
I reati Nelle sentenze della Cassazione i reati più contestati risultano la corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (17 per cento) e la concussione (11 per cento), mentre il finanziamento illecito ai partiti è presente in misura minore (6 per cento). Più rilevanti sono invece i reati associativi (come l’associazione per delinquere e quella di stampo mafioso, che insieme raggiungono il 12 per cento). I reati di corruzione in senso stretto restano tendenzialmente stabili nel tempo, mentre cala sensibilmente, dopo il 1994, il finanziamento illecito ai partiti (passato dal 29 per cento al 7 per cento) e salgono gli «altri reati» (tra cui, in particolare, i reati associativi): dal 35 per cento al 46,5 per cento.