di D.B.

Dopo la pubblicazione dell’articolo di Umbria24.it sul sistema delle acque minerali è partito il dibattito tra il consigliere regionale dell’Idv Oliviero Dottorini e quello dell’Udc Sandra Monacelli, con il primo che torna a chiedere, tramite un aumento dei prezzi delle concessioni, «di correggere una situazione che appare ormai insostenibile, allineando l’Umbria alle regioni più virtuose», e la seconda che parla di «concetti più o meno ecologisti» e teorie «pseudo-comuniste».

Dottorini: situazione intollerabile «Non è più tollerabile – spiega Dottorini in una nota – vedere aziende che lucrano enormi profitti, utilizzando un bene comune fondamentale e versando solo pochi ‘spiccioli’ nelle casse pubbliche, per un’attività che comporta anche un notevole impatto ambientale. E’ necessario aumentare i canoni di concessione per le aziende che imbottigliano, adeguandoli almeno a quelli delle regioni con legislazioni più avanzate della nostra. Oltre a questo è necessario che i proventi dei canoni per l’imbottigliamento vengano investiti in opere di manutenzione della rete idrica, in informazione sulle qualità dell’acqua pubblica, nel miglioramento delle risorse idriche, anche con ricadute nei territori interessati da insediamenti industriali di imbottigliamento».

Monacelli: una predica pseudo comunista «Una predica intrisa di concetti più o meno ecologisti» replica la Monacelli, che bolla le tesi dell’italavalorista come uno «scontato teorema pseudo-comunista, che vuole un approccio giustizialista verso i ricchi che guadagnano troppo e quindi vanno puniti, versando più soldi allo Stato. Da parte nostra, non essendo animati dallo stesso livore ideologico – continua il capogruppo Udc – avevamo avanzato sul tema una proposta un po’ più articolata e meno semplicistica, inserendola fra le integrazioni al Dap. Il presidente della I Commissione, che ci risulta essere lo stesso Dottorini, l’ha però liquidata insieme alle altre, travolte in questo passaggio blindato che il Dap ha subito in Commissione, da parte di una maggioranza vittima del ricatto proprio di quell’ala da lui rappresentata».

Redistribuire gli spiccioli non serve a nessuno «Le considerazioni del consigliere Monacelli – dice Dottorini – sembrano sgorgare dagli importanti stabilimenti che operano nella sua città d’origine. La realtà è molto semplice e per nulla ideologica: a fronte di un miliardo e 250 milioni di litri prelevati dalle ditte di acque minerali, la Regione Umbria incassa la miseria di un milione e mezzo di euro. Ridistribuire gli spiccioli non serve a nessuno, ecco perché è necessario aumentare il canone di concessione. Che questi proventi finiscano ai Comuni interessati ci sembra anche giusto: il consigliere Sandra Monacelli, che riveste un ruolo importante nella città di Gualdo Tadino, si dia da fare perché le risorse finiscano nelle tasche della collettività, anziché restare imbottigliate a beneficio di pochi».

L’integrazione al Dap Il consigliere Udc sottolinea poi come nella sua proposta di integrazione al Dap fosse contenuta l’idea di «un’equa proporzionalità del riparto fra i Comuni dei proventi dei canoni di ricerca e di concessione». «La nostra convinzione – continua – è che sia più utile cambiare passo operando un riequilibrio delle risorse che contempli un ritorno economico per quei territori oggetto del prelievo, piuttosto che un generico aumento di denari alla cassa regionale, per essere utilizzato in svariate e generiche politiche».

Dottorini: situazione incredibile Dottorini però spiega come la proposta di aumentare i canoni di concessione «intende correggere una situazione incredibile che fa sì che, a fronte di un miliardo e 250 milioni di litri imbottigliati in Umbria, nelle casse della regione arrivino poco più di 1,5 milioni di euro, praticamente una cifra simbolica. L’Umbria cioè sta di fatto regalando un bene comune preziosissimo alle aziende dell’imbottigliamento senza ricevere in cambio che problemi, legati sia allo smaltimento dei rifiuti che all’ambiente. I benefici per la collettività infatti sono praticamente inesistenti. L’impatto occupazionale è minimo. In cambio l’Umbria deve farsi carico dei costi derivanti dall’inquinamento per il trasporto delle merci fino a quelli per lo smaltimento della plastica. Le aziende che imbottigliano pagano circa due lire al litro per un bene che, una volta imbottigliato e portato negli scaffali del supermercato, rivendono a 400-500 lire. La normativa umbra prevede canoni bassissimi pari a 50 euro per ettaro e, grazie alla nostra azione nella passata legislatura, pari a 1 euro ogni mille litri prelevati (precedentemente era di 0,50 euro). La regione Lazio fissa invece i canoni a 60 euro per ettaro e a 2 euro ogni mille litri, mentre il Veneto fa pagare alle aziende 580 euro ad ettaro e 3 euro ogni mille litri. Per questo riteniamo che sia giunto il momento di allinearsi quanto meno alle regioni più virtuose».

Si mettano in rete le analisi Dottorini infine chiede che Regione, Arpa, Asl, Ati e aziende di gestione mettano in rete «le analisi periodiche dell’acqua potabile suddivise quartiere per quartiere e accessibili a tutti, così come accessibili a tutti deve essere un rapporto dedicato allo stato di salute della risorsa idrica umbra e la possibilità per il singolo cittadino di richiedere analisi complete dell’acqua del proprio rubinetto, senza aggravi di costi, così come avviene nei maggiori paesi europei. La mancanza di trasparenza, infatti, unita alla scarsa pubblicità che viene fatta dell’acqua e a un’accondiscendenza eccessiva nei confronti delle attività estrattive della regione, induce solo a sospetti e non incentiva certo l’uso dell’acqua pubblica. Una situazione intollerabile a cui andrebbe posto rimedio, valorizzando meglio una risorsa importante del nostro territorio e, allo stesso tempo, perseguendo una politica di riduzione dei rifiuti. In tempi di emergenza rifiuti non è un elemento da trascurare».

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3 replies on “Acqua, si scatena il dibattito. Dottorini: «Aumentare i canoni». Monacelli: «Predica pseudo-comunista»”

  1. Sarebbe importantissimo avviare una vera campagna di sensibilizzazione dei cittadini sui vantaggi che ci sono nell’usare l’acqua del rubinetto: è molto più controllata rispetto a quella in bottiglia, non produce alcun tipo di rifiuto, non necessita di petrolio per essere trasportata ed è molto più economica, infatti un litro di acqua potabile costa circa 3/400 volte in meno di un litro di acqua minerale in bottiglia. E’ poi inconcepibile pensare che poche multinazionali traggano profitti enormi dallo sfruttamento di un bene comune e che i nostri amministratori non si attivino per trarre delle risorse da questo settore che, come afferma Dottorini, potrebbero essere reinvestite per sistemare la rete idrica che fa letteralmente “acqua da tutte le parti”. Non credo che affermare questo sia un concetto giustizialista che vuole togliere ai ricchi che guadagnano troppo e vanno puniti. Lo definirei anzi un concetto giustamente garantista rispetto al bene comune per eccellenza. Quello dell’ acqua e della sua gestione è un tema di importanza fondamentale e sarebbe bene iniziare a ragionare su politiche serie volte al risparmio ed alla tutela di questo bene prezioso, a cominciare dalle aziende che imbottigliano.

  2. Non capisco !
    E’ come se il mondo si fosse capovolto ed i cittadini non fossero autorizzati a ribellarsi contro lo strapotere delle lobby !
    Ogni giorno sentiamo che i Comuni hanno sempre meno soldi (eh, però non c’è più l’ICI…), ma perché i Comuni del comprensorio non si consorziano e l’acqua la prelevano loro e la vendono loro ???
    E’ utopia pensare una cosa del genere ?
    Oppure se servono tanti soldi per potere gestire in proprio questo bene, AUMENTASSERO i canoni, cosa c’è di strano ?
    O forse l’uomo qualunque deve pensare che c’è qualcuno che ci mangia…, pardon beve ….?

  3. È assurdo constatare come ogni qual volta qualcuno decida di difendere un bene comune finisca poi per essere tacciato di ideologismo comunista o peggio ancora post-comunista. (come se i concetti di ideale e comunismo siano a priori denigratori). È assurdo constatare come in una regione come l’Umbria, legata fortemente ad una tradizione ambientalista questo aggettivo possa essere utilizzato come una offesa.
    Il problema della pubblicità dell’acqua come bene comune non cedibile al lucro di poteri e lobbies multinazionali è un problema che gli umbri sentono in maniera pesante, anche ricordando la storia e gli insegnamenti di quei Santi che oggi vengono tirati per la giacca, propagandisticamente, in uno sterile dibattito e confronto politico.
    Suggerirei al consigliere Monacelli di rileggersi “il cantico delle creature” nel quale San Francesco ringrazia per il dono dell’acqua in qualità di uomo e non in qualità di CEO di una multinazionazionale. L’acqua definita “umile, preziosa e casta”. Forse il riconoscimento delle nostre origini, della nostra storia e dei nostri padri passa prima di tutto attraverso il rispetto dei principi che ci sono stati trasmessi e non attraverso l’inserimento di un nome in uno statuto regionale.
    Il rispetto dei principi, degli insegnamenti, della storia, dei diritti, dell’uomo e della natura non può essere tacciato di ideologia, e probabilmente è quella base comune che lega trasversalmente le diverse religioni sino ad arrivare alle posizioni agnostiche o atee come quella del sottoscritto.

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