di Marta Rosati
Chiarimenti, aggiornamenti, delucidazioni e progetti concreti e verificabili. È questo che le organizzazioni sindacali sono pronte a richiedere a Tk-Ast al tavolo di venerdì 5 agosto.
I nodi da sciogliere al Mise La discussione, hanno condiviso i segretari di Fim, Fiom, Fismic, Ugl e Uilm nella riunione preparatoria, verterà su alcuni punti fondamentali: mantenimento del milione di tonnellate e relativo mix produttivo; business unit e quindi impegni e prospettive per Aspasiel, Sdf, Titanio, Tubificio; stato degli investimenti; politiche commerciali; approvvigionamento e materie prime: energia (Interconnector), rottame, extralega, ecc.; relazioni industriali, stato di attuazione investimenti ambiente e posizione rispetto all’amianto; Mesop 2.0; tutela occupazione; infrastrutture e dumping europeo su importazioni. Infine, ma non certo di secondaria importanza, le voci di una eventuale messa in vendita del sito.
Da Morselli a Burelli Le questioni sono sostanzialmente le stesse di marzo insomma, ma è cambiato l’amministratore delegato e pare anche l’approccio di Ast al mercato (l’ingegnere Massimiliano Burelli in qualche modo ha già anticipato col discorso ‘piccoli lotti per tanti clienti’ piuttosto che il contrario). Per i sindacati è prioritario capire dal punto di vista operativo come intende agire l’azienda e quali sono le prospettive.
Riccardo Marcelli (Fim-Cisl) «Serve capire esattamente dove Burelli abbia inteso tracciare la linea di confine tra le garanzie espresse dall’azienda per bocca di Lucia Morselli e le politiche che il nuovo amministratore delegato intende mettere in campo. Quando, per intenderci, il numero uno di viale Brin parla di ‘acciaieria sartoriale’ e innesca il sistema del miglioramento continuo per il passaggio da grandi lotti per pochi clienti a piccoli lotti per tanti clienti, deve spiegare come tutto questo si sostanzia».
Claudio Cipolla (Fiom-Cgil) «Tra gli impegni da valutare e le scelte da mettere nero su bianco ci sono senza dubbio il completamento dell’investimento sull’area a freddo e i tempi per l’entrata in funzione della linea di Torino; sarebbe bene poi avere il conto di clienti e commesse acquisite negli ultimi due anni e risolvere l’enigma del secondo forno. Da chiarire poi definitivamente le parole di Peter Sauer, in rappresentanza di Thyssenkrupp, cioè per ‘ristrutturazione’ si intendeva riorganizzazione dal punto di vista produttivo, lavorativo e nella cabina di comando dirigenziale. Per dirla con una battuta, ‘la cura dimagrante è finita e siamo in fase di mantenimento’. Speriamo di sentire che questo riassetto terminerà a stretto giro e che da quel momento le parole chiave saranno ‘rilancio’, ‘crescita’ e ‘sviluppo’ per fare utile, accrescere la produzione e il portafoglio clienti per ricompensare i sacrifici fatti dai lavoratori in questi ultimi anni.
Giovacchino Olimpieri (Fismic) Lo stato d’attuazione dell’accordo è utile che venga verificato, la vera novità stavolta è Burelli perché sarà lui a dover riferire di fronte a istituzioni e parti sociali le posizioni dell’azienda. Fondamentale che dia conto delle inversioni di tendenza e delle strategie della multinazionale per il sito di Terni, come la casa madre sarebbe opportuno riferisse su questa potenziale fusione con Tata steel e che tipo di ricadute avrebbe la jonint venture.
Daniele Francescangeli (Ugl) Venerdì al Mise andremo a verificare se Burelli e quindi l’azienda conferma gli impegni presi in sede di accordo nel dicembre 2014, quindi il mantenimento dei due forni, i 160 milioni di investimento per parco scorie, linea 6 di Torino e livelli occupazionali. Allo stesso modo la Regione dovrà garantire quanto sottoscritto un anno e mezzo fa. Per quanto riguarda le nuove politiche commerciali annunciate a mezzo stampa dall’amministratore delegato, mi sento di dire che noi siamo abituati a tonnellate di acciaio per essere competitivi su scala mondiale; una politica di nicchia che magari sacrifica titanio e fucinati guardando al consumatore finale sarebbe uno scenario nuovo che quindi va spiegato.
Nicola Pasini (Uilm-Uil) Quell’espressione ‘il milione di tonnellate non è un dogma’ preoccupa un po’, quel volume produttivo rientrava tra gli impegni sottoscritti nel dicembre 2014; quel documento non può diventare carta straccia con la giustificazione che non c’è mercato, piuttosto servirebbe eventualmente attivarsi per attrarre nuovi clienti. Rispetto a questo, ‘l’acciaieria sartoriale’ può essere condivisibile ma bisogna riempire il concetto di significato. Se questo vuol dire 800 mila tonnellate di fuso e 500 mila di spedito, potrebbe sostanziarsi con 1500 lavoratori in meno ma l’accordo parla di altro».
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