Agostini, alla presentazione del romanzo. Foto Fabrizio Troccoli

Un invito a «non aver paura dei sentimenti, qualsiasi professione facciamo». Ed anche, perché no, ad avere il coraggio di «renderli pubblici» perché, «al di là di tutto c’è qualcosa che ci unisce tutti» e per trovarlo occorre «andare a scavare sotto la retorica, di cui ancora oggi è pieno il mondo», per «cercare i contenuti veri delle cose».

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Il romanzo A parlare non è il politico Mauro Agostini, ma l’uomo che si è spogliato del suo ruolo pubblico, l’autore di ‘Tenero è il ricordo’ che, a partire dalla trama del suo primo romanzo, di certo vuole lanciare un messaggio d’ attualità. Che invita tutti a riflettere. Lo fa con uno spirito giocoso, quello che si respirava venerdì alla sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, dove accantonati per un po’ numeri, progetti e bilanci è stato organizzato un incontro «in amicizia», ha detto il presidente della fondazione, nel salutare le numerose persone presenti, proprio per condividere un racconto che si costruisce a poco poco tra fatti storici e fantasia.

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L’appuntamento Tra la guerra e l’amore. «Si dice che ciascuno di noi ha un romanzo nel cassetto o ha l’ambizione di scriverlo – ha detto Colaiacovo – ma poi difficilmente lo fa. Agostini lo ha fatto e questo ci ha incuriosito proprio perché si tratta di un romanzo in cui la fantasia, l’amore, gioca un ruolo fondamentale nella vita del protagonista». A prendere la parola anche la presidente della Regione, Catiuscia Marini e il giornalista Sergio Rizzo. Insieme, prima dell’incontro, accompagnati da uno dei curatori, Alessandro Campi, hanno visitato la mostra su Machiavelli allestita a Palazzo Baldeschi che rimarrà aperta ancora per pochi giorni, fino al 25 gennaio.

Campi Dopo il presidente Colaiacovo, è stato lo stesso Campi il primo ad accompagnare il pubblico in un viaggio virtuale tra le pagine di “Tenero è il ricordo”. Lo ha fatto iniziando con un simpatico aneddoto, in linea con lo spirito informale che ha caratterizzato l’incontro: «Qualche sera fa sono stato a cena con Rodotà – ha raccontato – il quale ricordava che nel 1983 è arrivata in parlamento la celebre scrittrice Natalia Ginzburg, la quale è stata subito sommersa da manoscritti di parlamentari che le chiedevano un giudizio sui materiali scritti. Lei ha preso sul serio tale impegno e dopo 1 anno e mezzo di legislatura i parlamentari sono dovuti tornare al proprio lavoro, perché nella maggior parte dei casi il giudizio é stato implacabile. Ebbene, dico che se all’epoca Agostini avesse fatto analizzare il suo romanzo, credo che avrebbe superato l’esame perché è un lavoro interessante e coinvolgente». Un lavoro in cui, «aspetto non banale – sottolinea ancora Campi – la trasformazione del giovane protagonista, inevitabilmente fascista perché vissuto nel periodo in cui il Fascismo era nel suo massimo splendore, comincia a ragionare con la sua testa non per una folgorazione, ma grazie all’incontro con una persona, all’incontro con l’amore».

Rizzo Inevitabile, per un giornalista d’inchiesta come tutti noi lo conosciamo, il riferimento di Sergio Rizzo al contesto politico: «Coloro che volevano cambiare la società intorno agli anni ’60 si sono portati dietro un’idea di patria fortemente negativa – ha detto – come poi è quella che ha lasciato il Fascismo. Dentro questo libro ci sono riflessioni importanti, insieme alle disillusioni. C’è il contrasto tra la grandezza dell’idea e il fatto che eravamo un paese povero. C’è un protagonista che combatte per una patria che neppure il Fascismo considera patria perché ci considera solo se stesso». Poi un riferimento all’attualità, a partire dalla figura del manager pubblico. Che non è altro che Giacomo, colui che nel romanzo ci racconta la vita del vero protagonista della storia, suo padre Giulio.: «Non sono d’accordo con i boiardi di Stato di cui si parla all’inizio del libro. Anzi, credo che ci sia un declino della fascia dirigente che non è cambiato neppure con il governo Renzi. Se vuoi cambiare cambi veramente, non metti la minestra riscaldata al posto di una ammuffita».

Marini Servito pure il premier si passa a una versione quantomeno inedita anche della presidente Marini. Dopo aver “tacciato” gli uomini intervenuti prima di lei di essere stati estremamente pudichi, ha voluto porre l’attenzione sull’aspetto fortemente erotico del libro, quello dell’amore che, peraltro, vede primeggiare indiscussa la figura femminile e non solo per la sola protagonista Nezja, la donna che nel corso del libro accompagnerà Giulio nel suo cammino verso l’emancipazione dal fascismo, verso la libertà, facendogli vivere una bruciante passione. E così, tra non pochi sorrisi e applausi che si rincorrevano nella sala, Marini ha invitato a leggere il romanzo attraverso la storia d’amore, «che è la modalità principale con cui desideriamo arrivare all’ultima riga». Ed ha detto di essere stata incuriosita dal Mauro Agostini con il quale non parla – come è solito fare con lei – di bilanci, fondi europei e via dicendo, ma del Mauro Agostini che si mostra «nudo al pubblico nei suoi sentimenti, quelli che gli amici sanno ben riconoscere».

Il messaggio Insomma «mi sono messo in un pasticcio», ha concluso l’autore prima di lanciare l’invito a «non fare con il pubblico quello che è stato fatto con la patria. Perché al di sotto di tutto c’è qualcosa che ci unisce tutti. Come l’incontro organizzato ieri dalla Fondazione, che per il presidente Colaiacovo è stata «un’occasione per prenderci una pausa da ciò che facciamo di solito».