di Iv. Por.
Quel profilo di Machiavelli non solo non è il suo più antico ritratto e quindi una scoperta importantissima. Anzi, non sarebbe neppure un ritratto d’autore di Machiavelli, bensì «una copia tarda e scadente di un ritratto postumo desunto forse dal dipinto custodito nel museo di Paolo Giovio a Como». Una stoccata pesantissima per l’opera al centro della mostra su “Machiavelli e il mestiere delle armi” in corso a Perugia, oltre che per Alessandro Campi, proprietario del dipinto e uno dei curatori dell’esposizione, e per chi ha esposto l’opera in «pompa magna» al Vittoriano. Arriva da Massimo Firpo, storico e firma tra le più prestigiose dell’inserto culturale del Sole 24 Ore.
Le stoccate La presa di posizione del docente di Storia moderna all’Università di Torino e alla Scuola Normale Superiore di Pisa, oltre che membro dell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Accademia Nazionale dei Lincei, è detinata a fare discutere. In un articolo dall’eloquente titolo Se questo è Machiavelli pubblicato sul Sole domenica 23 novembre, Firpo sottolinea «la scarna nota di restauro» che «nulla dice sulla datazione» e attacca la scheda sull’opera di Paolo Strinati inserita nel catalogo della mostra. «Dispiace constatarne l’inconsistenza – scrive Firpo – le palesi contraddizioni, l’assenza di ogni base documentaria. Passino le divagazioni psicologiche su quel profilo maldestro» ma «nulla, proprio nulla autorizza a vedere in quel presunto ritratto qualche nesso con la “presa di potere medicea”».
Vasari? Così come Firpo afferma che «nulla autorizza a collegare quel presunto ritratto a Giorgio Vasari» a cui Strinati «non ardisce proporne l’attribuzione ma si sforza di andarci vicino» tanto da ipotizzarne la fattura da parte di uno dei collaboratori del pittore aretino. «Come si fa – rincara – a parlare di qualità pittorica analoga a quella vasariana per quella tavola ridipinta?». «Un illustre storico dell’arte come Raimond van Marle era solito affermare che non esistono attribuzioni giusto o sbagliate, ma solo stupide o intelligenti – conclude Firpo -, e io davvero non so come si possa propinare cibo così indigesto e indigeribile al colto pubblico e all’inclita guarnigione, non foss’altro perché quel dipinto è di tale povertà qualitativa da scoraggiare ogni tentativo di attribuzione». Si attende, ovviamente, la replica a Firpo delle persone chiamate in causa.