di Francesca Marruco

L’aveva minacciata di morte. E l’aveva anche picchiata con il bastone della scopa. La insultava e la sottoponeva a violenze psicologiche continue. Il quadro che emerge dal capo d’imputazione con l’elenco dei reati che la procura della Repubblica di Perugia contesta a Federico Bigotti, arrestato per l’omicidio della mamma Annamaria Cenciarini, è drammatico.

Maltrattamenti Secondo quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare richiesta dai magistrati Antonella Duchini e Carmen D’Onofrio ed emessa dal gip Carla Maria Giangamboni, a raccontare questi episodi di violenza sono stati il padre e il fratello di Federico. La procura, ha messo nero su bianco l’accusa di maltrattamenti, oltre a ricostruire le modalità dell’omicidio.

Crudeltà e futili motivi «Almeno nove coltellate utilizzando un coltello da cucina». Colpi inferti «all’emitorace sinistro, al mento e nella parte sinistra del collo». Con «crudeltà verso la vittima, continuando a colpirla con numerose coltellate mentre la medesima, priva di difese e non in grado di opporre resistenza alle ferite mortali, versava già in stato agonico» e avendo agito al culmine «dell’ennesima lite familiare» nell’ambito di reiterati maltrattamenti familiari.

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Scannamento Secondo quanto attestato dai medici legali, Annamaria è morta per «insufficienza cardiorespiratoria acuta in esito a emorragia arterio venosa secondaria a scannamento e a emotorace massivo correlato a multiple ferite in regione pettorale sinistra, penetranti nel cavo toracico omolaterale».

Il movente Scannata come un animale, come si vedono uccidere gli ostaggi dell’Isis, per mano di una delle persone a cui più teneva nella vita. Ma che, come lei stessa aveva confidato ad una conoscente «non riusciva a salvare». Anna Maria cercava di spronare Federico a trovare una strada nella vita, lui che da sempre aveva avuto dei problemi: era stato cacciato dalla squadra di rugby, aveva avuto tanti problemi a scuola, tanto che l’aveva lasciata senza mai prendere il diploma. Non aveva mai preso la patente e non poteva spostarsi autonomamente.

I problemi di Federico E poi i problemi con il fumo: due anni fa era stato arrestato perché trovato con un po’ di hashish. Da quella volta non era più uscito di casa. Si chiudeva sempre in camera sua, a volte mettendo anche la cassettiera dietro la porta per impedire che qualcuno potesse entrare. Se usciva lo faceva dalla finestra da cui poi rientrava. Mamma Anna Maria voleva che Federico iniziasse a fare qualcosa: è per questo che insieme al padre lo accompagnavano a portare curriculum nei negozi e ristoranti della zona.

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Il sogno Ma lui aveva un altro sogno nel cassetto: quello di diventare un attore – due anni fa fece anche un provino per un talent show -, oppure un calciatore, o un modello. Come lui stesso ha scritto sul suo profilo Instagram in cui prima ha postato un selfie con l’hashtag #riposainpacemamma e da cui poi, a poche ore dall’arresto, ha cancellato tutti i post. E’ per questo suo sogno che negli ultimi tre mesi era dimagrito quasi 30 chili, diventando un’altra persona.

Difesa: «Gli serve aiuto psichico» Una persona che sabato pomeriggio è sembrata sorpresa dell’arrivo dei carabinieri che sono andati ad arrestarlo e che adesso è in isolamento nel carcere di Capanne guardata a vista dagli agenti della penitenziaria. «Federico Bigotti non solo è sotto shock, ma è letteralmente terrorizzato. E’ in isolamento guardato a vista. Lo faremo visitare da un consulente psichiatrico di nostra fiducia perché ne ha assoluto bisogno», ha detto l’avvocato Francesco Areni, che insieme al collega Vincenzo Bochicchio difende il giovane: «Al consulente chiederemo di valutare il suo stato psichico, prima durante e dopo i fatti».

Andava aiutato Secondo quanto raccontano gli stessi legali infatti Federico «aveva bisogno di aiuto già da prima e nessuno lo ha capito. Erano due anni che non usciva di casa, e di fatto viveva dentro la camera. Non aveva mai preso la patente, non studiava e non lavorava, negli ultimi mesi è stato protagonista di un drammatico dimagrimento perdendo circa 30 chili». E’ per questo che la mamma lo rimproverava e cercava di spronarlo. E per i legali, quello che nell’atto d’accusa sono maltrattamenti in famiglia, diventano «liti normali tra madre e figlio». Per i legali infatti l’accusa di maltrattamenti sarebbe costruita solo sulla base di dichiarazioni dei familiari. «Faremo ricorso al tribunale della libertà per il riesame delle risultanze indiziarie in merito alla contestazione di maltrattamenti».

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