Raffaele Arzu

di Francesca Marruco

La conferma della sentenza di primo grado e quindi due ergastoli per Pietro Pala e Raffaele Arzu è stata chiesta martedì mattina dai magistrati Giuliano Mignini e Paolo Abbritti nell’ambito del processo d’appello per l’omicidio del carabiniere Donato Fezzuoglio, ucciso a colpi di kalashnikov durante una rapina alla filiale del Monte dei Paschi di Siena di Umbertide.

Requisitoria Alla destra della Corte d’assise d’appello presieduta dal giudice Giancarlo Massei, lo stesso che condannò Amanda Knox e Raffaele Sollecito, siedono i due imputati. Pietro Pala e Raffaele Arzu, che si sono sempre dichiarati innocenti. In mattinata i due magistrati hanno dunque chiesto la conferma della condanna di primo grado, ergastolo e 18 mesi di isolamento.«Magari in ogni processo ci fosse qualcuno che ha visto e che sa raccontare chi ha ucciso» ha detto tra l’altro il sostituto procuratore generale Giuliano Mignini.

Accuse Il pm Abbritti ha ricordato come fonti di prova «il riconoscimento di Carta, i rapporti fra Carta e Pala provati da una serie di elementi certi, Carta ucciso a luglio del 2006, Carta che quando veniva in Italia spegneva il telefono. La Thema rinvenuta a Piegaro, e proprio in corrispondenza della striscia dei pneumatici venne trovato un mozzicone di sigaretta, che grazie alla perizia disposta dalla Corte d’Assise d’Appello, è stata attribuita senza ombra di dubbio a Pietro Pala». Il magistrato ha anche parlato della testimonianza dell’agente della penitenziaria Mascia che in fase di incidente probatorio disse di aver assistito ad una conversazione poi intercettata avvenuta nell’ auto di Pala, in cui Pala dice: “l’ho ammazzato”, Mascia in incidente probatorio ci dice di aver sentito Pala affermare di aver sparato a un carabiniere». E poi cita il testimone che parlando di Pala disse che «faceva sorrisetti e aveva la canna del mitra appoggiata al finestrino».

La sentenza di primo grado Donato Fezzuoglio, scrivevano i giudici della Corte d’assise di Perugia Daniele cenci e Giuseppe Noviello, venne ucciso con un’«azione vigliacca» da Pietro Pala che secondo la ricostruzione gli «sparò alle spalle» mentre il giovane Fezzuoglio era intervenuto per la rapina. Alla «Corte – si elggeva ancora nelle motivazioni – è ben noto che il grilletto del kalashnikov è stato azionato dalla mano di Pala, così come la Corte sa che le rapine delle automobili non sono state poste in essere da Pala, che in quel frangente stava scappando a bordo della Thema guidata da Ivo Carta (poi ucciso in Sardegna ndr) deve però ritenersi che l’evento omicidiario e tutti i fatti nel processo contestati, in significativa progressione criminosa, vanno del pari imputati a Raffaele Arzu e a Pietro Pala».

La moglie In aula al termine della requisitoria di Mignini la moglie di Pala si è avvicinata al magistrato dicendogli di ricordarsi «di aver fatto un’altra vittima». La donna era già stata denunciata per un analogo episodio avvenuto con il pubblico miistero Antonella Duchini che aveva sostenuto l’accusa in primo grado. Per quell’accusa è stata prosciolta da un gip del tribunale di Firenze. Dopo le requisitorie è stata la volta delle parti civili: la famiglia di Fezzuoglio è rappresentata dagli avvocati Nicola Di Mario e Giancarlo Viti. La prossima settimana sarà la volta delle arringhe dei difensori Francesco Falcinelli e Caterina Calia.

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