©️Fabrizio Troccoli

di Enzo Beretta 

La Procura di Perugia ha chiesto di rinviare a giudizio sei persone per il maxi-incendio alla Biondi ecologica di Ponte San Giovanni. La richiesta è stata avanzata questa mattina in aula davanti al giudice per l’udienza preliminare Margherita Amodeo. 

Il rogo Quella maledetta domenica del 10 marzo 2019 c’erano quasi quattromila tonnellate di rifiuti più del consentito e secondo l’accusa il fuoco si sarebbe potuto spegnere in tempo se la manutenzione dell’impianto antincendio fosse stata a norma. La nube tenne in ostaggio oltre 35mila persone, il fumo appestò l’aria prima a Ponte San Giovanni e poi a Ponte Felcino, Ponte Valleceppi, Bosco e Ponte Pattoli. Un quarto di città visse con l’incubo di respirare o aver respirato diossina, furono 17 le scuole chiuse e per diversi giorni non si poterono mangiare i prodotti della terra per i rischi legati alle sostanze tossiche nell’aria. 

FOTO: IL ROGO E LA COLONNA DI FUMO

Richieste Il pubblico ministero Laura Reale ha chiesto il rinvio a giudizio di Daniel Mazzotti, Bruno Biondi, Cristian Rastelli, Mirco Migliorelli, Silvio Pascolini e Paolo Amadei (nell’inchiesta è coinvolta anche la Biondi recuperi), tutti indagati a vario titolo per aver allestito attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di violazioni inerenti le normative antincendio. Mazzotti, Biondi e Migliorelli sono indagati perché «per negligenza, imprudenza ed imperizia ovvero per non avere manutenuto l’impianto antincendio, che difatti non si attivava immediatamente all’inizio dell’evento incendiario, e per aver collocato (il Rastelli) il trituratore mobile di rifiuti nei pressi dei cumuli di rifiuti stoccati presso l’impianto di via Bina, mezzo da cui scaturiva l’innesco dell’incendio a causa di un cortocircuito elettrico prodottosi nel caricabatteria del telecomando del predetto macchinario, nonché per colpa specifica consistita nella violazione delle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione Integrata Ambientale…cagionavano un incendio di vaste proporzioni a seguito del’incenerimento degli ingenti quantitativi di rifiuti urbani e speciali pericolosi e non stoccati». 

PM: INCENDIO PROVOCATO DA UN CORTO CIRCUITO DELL’IMPIANTO ELETTRICO

Dichiarazioni Nelle carte si legge che all’atto di rinnovo del certificato di prevenzione incendi del 2018 ci sarebbero state delle dichiarazioni false. Ovvero, i quantitativi di rifiuti combustibili nel certificato erano indicati in 1800 tonnellate mentre quelli «autorizzati e realmente gestiti» sarebbero stati «pari a 5.040 tonnellate di cui 2500 di plastica – è scritto nell’avviso conclusione indagini – 2500 di carta e cartone e 40 di pneumatici». Una differenza che avrebbe permesso ai legali rappresentanti di omettere «di adeguare l’impianto anti incendio ai quantitivi reali di materiali/rifiuti combustibili gestiti».

Le difese Alla richiesta di rinvio a giudizio sono seguite le arringhe degli avvocati Nicola Di Mario, Francesco Falcinelli, Michele Nannarone, Michele Bromuri, Lidia Braca e Gian Luca Pernazza. Parti civili rappresentate in aula dalle avvocatesse Sara Pievaioli e Valeria Passeri. Repliche e decisione il 27 ottobre.

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