di Francesca Marruco

Valerio Menenti non può uscire dal carcere perché, sia per lui che per il padre Riccardo, entrambi arrestati con l’accusa di omicidio volontario nei confronti di Alessandro Polizzi, ucciso il 26 marzo scorso nell’appartamento della fidanzata Julia Tosti, «il quadro indiziario esistente all’atto dell’emissione dell’ordinanza cautelare si è semmai aggravato». A scriverlo è il gip Luca Semeraro nell’ordinanza con cui rigetta l’istanza di scarcerazione presentata dai legali di Valerio Menenti il 19 luglio scorso.

Si vendicavano insieme In particolare il giudice, oltre a parlare dell’inattendibilità della versione di Menenti senior, parla di una testimonianza di un giovane che «dimostra come padre e figlio si vendicavano insieme» e che «il padre Riccardo già in un’altra occasione era intervenuto con violenza per ‘tutelare’il figlio». Lo stesso testimone poi avrebbe fornito elementi utili «quanto all’individuazione dell’auto della vittima» da parte degli indagati.

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Senso civico della commessa Quanto alla «declamata inattendibilità» ( per la difesa Menenti, ndr), della commessa del Compro oro, il gip scrive: «oltre a non essere dimostrato il senso di protagonismo che avrebbe indotto la teste a parlare ( perche non senso civico?) contrariamente a quanto affermato dalla difesa, si è anche indicato il periodo di stasi in cui le cure avrebbero consentito all’indagato di allontanarsi». Anzi, per il giudice, le dichiarazioni della fidanzata di Valerio, «coincidono con la descrizione resa dalla commessa delle lesioni da lei viste».

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Senza sporcarsi le mani Secondo quella testimone, Valerio, il sabato precedente all’omicidio, quando era già stato ricoverato in seguito all’aggressione di Polizzi, nel suo negozio Compro oro, al telefono con qualcuno, aveva parlato di una vendetta «senza sporcarsi le mani». La stessa volontà- di vendicarsi «a mezzo terzi» – sarebbe stata esternata poi, oltre che a Julia, anche ad altri due giovani.

Riccardo Menenti mente «L’istanza – scrive il gip – si fonda in primo luogo sulle dichiarazioni rese da Riccardo Menenti  al pm. Va ricordato che Menenti ha negato ogni responsabilità nell’interrogatorio reso al giudice per le indagini preliminari mentendo su diverse circostanze. Nell’interrogatorio reso al pm il 13 maggio scorso, non ha affatto ammesso le sue responsabilità, ma ha continuato a mentire operando una ricostruzione della dinamica omicidiaria a dir poco fantasiosa».

Tentato inquinamento probatorio Una dinamica che per il giudice non trova alcun fondamento, perché, scrive: «è sufficiente constatare come sul corpo di Alessandro Polizzi non vi sia stata alcun segno di bruciatura prodotta dall’arma da fuoco per escludere che il colpo sia partito durante la colluttazione, quindi durante il corpo a corpo tra i due( come ha raccontato Riccardo Menenti al pm, ndr). Inoltre il colpo esploso ha avuto una traiettoria incompatibile con quanto riferito al pm da Riccardo Menenti, il quale è inattendibile». Per il giudice dunque, che firmò l’ordinanza di custodia cautelare con cui vennero arrestati padre e figlio l’11 aprile scorso, l’interrogatorio di Riccardo Menenti al sostituto procuratore Antonella Duchini, «non è una confessione, ma un ulteriore tentativo di inquinamento probatorio, dopo quelli già posti in essere».

La punizione mortale Per il giudice, il movente dell’omicidio «va ricercato nella volontà di punire fino alle estreme conseguenze i due ragazzi Julia e Alessandro: questo movente era comune. L’azione criminosa ha avuto questa finalità, non quella di ‘proteggere il proprio figlio’in assenza di un’azione dello Stato, come se proteggere un figlio possa spingere fino ad uccidere un ragazzo e tentare di uccidere una ragazza».

L’escalation di violenza Inoltre, il gip non manca di sottolineare che Valerio Menenti è detenuto anche per il reato di maltrattamenti. E per il gip, «devono essere evidenziate le condotte poste in essere dall’indagato nei confronti di Julia Tosti perché dimostrano l’escalation di violenza che parte dai maltrattamenti e culmina nei gravissimi fatti di omicidio e tentato omicidio commessi, commessi, per usare le stesse parole di Valerio Menenti ‘senza sporcarsi le mani’, cioè mediante il padre esecutore materiale».

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