L'incontro

di C.F.
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Più che il confronto sul futuro delle attività culturali della città tra i due candidati sindaci, Fabrizio Cardarelli e Dante Andrea Rossi, l’incontro di scena mercoledì mattina a palazzo Mauri si è trasformato in un scontro, composto ma schietto, tra due visioni, se non antitetiche sicuramente distanti, sul profilo dell’offerta della città.

Leonardi e Flamini Da una parte chi, come Anna Leonardi e Giorgio Flamini dell’associazione Teodolapio, hanno sollecitato un maggiore controllo e selezione sulla programmazione di eventi e iniziative, affinché il livello qualitativo delle proposte non crolli puntando, neanche troppo velatamente, sulla sfilata dei carri allegorici del Carnevale, Spoleto a Colori e pure Don Matteo «perché – ha scandito Leonardi in apertura – la città non è un set». 

Orazi Dall’altro lato della barricata Moreno Orazi che, in rappresentanza di alcune delle realtà attive al Cantiere Oberdan, ha contestato la distanza marcata dai due, evidenziando che «nessuno può avocare a sé il primato della cultura», ma anche che le iniziative fiorite città sono sintomo di una vitalità positiva da coltivare insieme affinché si trovino punti di contatti e dialogo tra due mondi finora distanti. Un risultato oggi apparso lontano.

Tre priorità Sullo sfondo Cardarelli e Rossi che per quasi un’ora  hanno atteso di prendere la parola, sperimentando in prima persona una delle tante sfide che in caso di vittoria saranno chiamati ad affrontare in prima persona. Sollecitati dalla professoressa spoletina Laura Mariani, ordinaria di Teatro moderno e contemporaneo all’Università di Bologna, i due candidati hanno messo in fila alcune priorità.

Cardarelli «Sono sufficientemente critico – ha affermato Cardarelli – verso lo Stabile dell’Umbria, preferirei guardare ad altri soggetti per programmare stagioni più serie, ma credo che sia anche necessario avviare un percorso di educazione teatrale verso le nuove generazioni e recuperare il patrimonio esistente come palazzo Mauri o il Ponte delle Torri».

Rossi Diverso il tiro di Rossi: «Il mio impegno è cambiare entro sei mesi la gestione della Rocca affidandola a un soggetto unico, ma più in generale siamo determinati a introdurre trasparenza nell’amministrazione delle risorse destinate alla cultura e una regia capace di coordinare una programmazione condivisa».

2 replies on “Spoleto, Cardarelli e Rossi a confronto sul futuro della cultura ma in platea è scontro sugli eventi”

  1. Che vuol dire Centralità della Cultura

    Non v’è chi ormai non riconosca nella cultura un valore economico e un fattore di crescita e di sviluppo soprattutto per quei territori che, come il nostro, hanno la fortuna di possedere un tesoro di beni ambientali, monumentali e storici straordinari. E tuttavia sembra non si riesca a trarre le conseguenze operative di un tale riconoscimento.

    Se infatti la cultura è anche un bene economico, non va considerato e amministrato come materia liquida o volatile, ma come un sistema complesso, bisognoso di un adeguato piano strutturale, che parta dall’analisi della qualità assolutamente peculiare del sistema stesso, della sua incidenza nel territorio, del suo ruolo in rapporto alle altre attività economiche e, infine, degli obiettivi che si vogliano e si possano conseguire in relazione ai risultati di detta analisi.

    In mancanza di un piano adeguato sarà impossibile ottenere risultati che non siano episodici e in qualche misura casuali. Per l’elaborazione di questo piano è necessario il concorso del numero più ampio di competenze specifiche, ma il punto di partenza deve essere un’idea comune circa le potenzialità e le vocazioni della Città, derivante dalla considerazione della sua Storia, intesa in senso integrale: come insieme di stratificazioni di beni materiali ed immateriali, ma anche di esperienze e di realizzazioni compiute.

    E in una città come Spoleto alla base non può che esserci la consapevolezza della centralità della Cultura, ove centralità non significa priorità gerarchica, ma posizione centrale, punto strategico di collegamento di una rete di attività economiche che da tale centro si sviluppino, a tale centro coerentemente si riferiscano e in tale centro confluiscano.

    In questa chiave, costruire un progetto che metta la Cultura al centro significa concepire un disegno di sviluppo complessivo, che includa tutte le attività e le imprenditorialità che concorrono allo sviluppo del territorio, ma in un quadro di coerenza con un’idea madre, che rappresenti l’identità e la peculiarità del territorio, ciò che lo rende unico e non omologabile ad altri.

    Dunque il cuore di ogni progetto di sviluppo della Città non può che essere il potenziamento e la valorizzazione di ciò che la qualifica e la distingue dalle altre realtà. E l’imperativo per chi progetta ed opera deve diventare non copiare o riprodurre o replicare, ma inventare e creare copyright.

    Inventare, però, non cervelloticamente o spontaneisticamente in nome di un ipotetico diritto ad una generica “ creatività”, ma con un ancoraggio preciso a quelli che sono i valori storicamente riconosciuti del territorio.

    Ogni intervento nella città e per la città va pensato all’interno di un progetto coerente e solido, capace di costruire un’ unità forte delle migliori energie, espresse nei vari campi.

    In tal modo Cultura significherà anche un’ agricoltura migliore, un’edilizia migliore, un commercio migliore e, di conseguenza, una migliore qualità di vita per i residenti ed una migliore capacità di accoglienza per gli ospiti.

    Qualunque piano per il turismo non può che nascere dal miglioramento delle condizioni di vita della popolazione residente. Una città più vivibile per i suoi abitanti è anche una città più attraente.

    Una città insoddisfatta non potrà mai soddisfare i desideri ed i sogni degli ospiti e proporsi come meta da raggiungere, dunque il potenziamento del turismo poggia sul potenziamento della Città. L’idea di una città come set, come splendida scenografia per imprese culturali esterne ed episodiche è un’idea perdente perché non crea un tessuto resistente, non crea fondamenta per costruzioni durature. Cultura e turismo non sono abbellimenti, cappelli da mettere in capo alla città, ma un’occasione per il suo intrinseco sviluppo e insieme un volano verso l’esterno. La cultura vive in quanto linfa vitale di una città, sostanza che permea ogni scelta ed ogni atto, dai più essenziali ai dettagli.

    Questo è possibile solo a patto di superare un’immagine di cultura come rassegna di avvenimenti, come calendario di “eventi” , come ininterrotta girandola di proposte di ogni tipo che risponda illusoriamente al sogno di una “città che vive tutto l’anno”, in favore dell’idea di un’educazione permanente dei suoi abitanti attraverso selezionate occasioni di crescita, legate alle sue tradizioni e alla sua storia e contemporaneamente aperte all’accoglienza dei migliori stimoli provenienti da tradizioni e storie differenti.

    Questo è possibile se si parte dalla scuola e dai luoghi di formazione dei giovani, se si creano rapporti stretti e continuativi tra scuola e istituzioni culturali attive sul territorio, imponendo alle istituzioni che ricevono piccoli o grandi finanziamenti pubblici di aprirsi al rapporto costante con i centri educativi, e sensibilizzando gli educatori alla necessità di innestare i loro contenuti didattici e culturali nella realtà, in primo luogo nella realtà del territorio in cui vivono.

    Territorio che esprime problemi e valori, che ha una lunga storia di realizzazioni che non può essere ignorata e che può dare indicazioni per il futuro. Territorio che ha costruito nel tempo realtà importanti come il museo archeologico, l’Archivio di Stato, il museo del Ducato, il museo d’Arte contemporanea , il centro studi sull’Alto medio evo, Il teatro lirico sperimentale, il festival dei due mondi, che i giovani devono poter vivere dall’interno e non come occasionali spettatori , relegati ai margini. E, ultimo nel tempo, ma estremamente significativo e, dunque, impegnativo, il riconoscimento dell’U.N.E.S.C.O.

    Territorio che è ambiente e paesaggio, valori primari che vanno difesi e preservati in sé, ma anche come fonti ineguagliabili di ricchezza.

    Territorio che tradizionalmente ha espresso un’economia agricola ed artigianale che ha goduto momenti di eccellenza che vanno recuperati. Così come vanno valorizzate le produzioni enogastronomiche che, in un momento di rivalutazione del biologico, della distribuzione a chilometro zero, possono diventare elemento di attrazione, se connessi ad una proposta complessiva di città silenziosa, ordinata, pulita, ricca di monumenti e di Storia, di un paesaggio in gran parte intatto e viva di fermenti culturali nei più vari settori delle Arti. Questo progetto è realizzabile a patto che si abbandoni il modello paesano delle sagre e del folklore localistico in favore di un approccio storico e scientifico con queste realtà. A patto che le realtà culturali operanti nel territorio si mettano in rete tra loro, favorendo il numero maggiore di collaborazioni e un proficuo scambio di idee e professionalità che garantisca pluralismo e controllo reciproco ed anche una sana competizione sul piano dei risultati.

    Perché possa imporsi un’immagine di città di tale qualità sono necessarie delle scelte precise e mirate e la capacità di assumersene la responsabilità. Occorre essere convinti e convincere, occorre spendere ogni energia ed ogni risorsa economica alla costruzione di un progetto unitario, senza deroghe e senza compromessi alla ricerca del facile consenso. Un’attenzione vigile che riguardi sia le grandi scelte gestionali, sia le scelte apparentemente di minore importanza, quali la segnaletica, la toponomastica, l’arredo urbano e il verde pubblico. E’ necessaria una squadra di governo della città autorevole e competente, capace di selezionare le proposte e di vagliarne la compatibilità col disegno generale. Occorre energia, esperienza, dedizione, onestà e soprattutto amore per la città che si prende in carico, ma anche per la città che si sogna di costruire.

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