Marco Vinicio Guasticchi nel suo ufficio

di Daniele Bovi

Circondato dai suoi amati soldatini come Robert Taylor, il Marco Vinicio di «Quo Vadis», il presidente della Provincia di Perugia Marco Vinicio Guasticchi assicura di non essersi messo a capo dei «mille» per preparare la trionfale entrata in Roma o in uno dei palazzi del potere che si affacciano su Corso Vannucci. Fatto sta che «Progetto per l’Umbria», l’associazione «culturale» con a capo proprio Guasticchi e che può contare, secondo i responsabili, tredici sedi e oltre mille iscritti, ha scatenato un vespaio di polemiche e sospetti sulle mosse del presidente. E la domanda è proprio quella: quo vadis Guasticchi? Dove vuole andare il presidente?

Lei ha messo in piedi la sua corrente

«Chi lo dice?»

In molti. E specialmente dentro il Pd, il suo partito

«Vorrebbero che fossi così fesso da mettere in piedi la mia corrente eh?»

Si spieghi

«Voglio dire, non capisco dov’è lo scandalo. Se D’Alema fa un’associazione o una fondazione è tutto normale, se la fa Guasticchi suscita tanto interesse».

Forse perché lei è in perenne movimento. Le piacerebbe di più fare il presidente della Regione, il sindaco di Perugia o approdare in Parlamento?

«Il mio sogno è quello di avere alle spalle un partito che segue percorsi democratici. Quello che le posso dire è che non giocherò partite personali, Bottini e Rossi stanno guidando una barca in tempesta e io sono al loro fianco. Il primo obiettivo è quello di ridare ai cittadini diritto di scelta: io credo ancora nel rinnovamento del 2007 basato sul coinvolgimento dei cittadini e degli elettori».

Primarie per tutti

«Sì, primarie per tutti, a cominciare dai parlamentari. Basta coi Gozi o coi Rutelli o cogli Speciale, tutti eletti in Umbria ma senza contatti con il territorio. Gli onorevoli devono tornare ad essere espressione del territorio».

Torniamo all’associazione. Fino all’altro ieri «Progetto per l’Umbria» non l’aveva mai sentita nessuno. Mi spiega come ha fatto in poco tempo a trovare mille iscritti e tredici sedi?

«Intorno a me, sul territorio, c’è una grande area di consenso. Ma comunque molti degli iscritti vengono da Ateneum e Libertando, gente che aveva già le tessere di queste associazioni che da anni lavorano in ambito culturale. C’era la necessità di raccogliere le istanze del territorio ed è così che è nata l’idea dell’associazione. La nostra è una provocazione, un modo di stimolare il dibattito».

E che vi proponete di fare in ambito culturale?

«Innanzitutto pensiamo ad una grande iniziativa sull’Italia Mediana. E’ un tema di cui bisogna tornare a parlare altrimenti, proprio nell’anno del 150esimo, l’Umbria rischia di diventare l’anello debole schiacciato in mezzo alle grandi direttrici che vanno a Nord e a Sud. No dico, avete visto che su 21 grandi cantieri solo uno è in Umbria? Poi pensiamo a eventi legati a grandi personaggi della cultura umbra, che hanno reso grande la nostra regione e che ora sono dimenticati. Penso, ad esempio, a gente come Dorazio».

Eventi e associazioni di questo tipo costano. Chi vi finanzia?

«Per il momento ci finanziamo con le quote degli associati».

E quanto occorre per far parte dell’associazione?

«Cinque euro, poi ovviamente per l’organizzazione degli eventi ricorreremo a degli sponsor. Mi permetta di aggiungere che la nostra è un’associazione che pensa anche alle difficoltà che stanno vivendo le famiglie: per chi ne fa parte stiamo pensando a gruppi di acquisto o convenzioni con il mondo della sanità o degli avvocati e così via».

Cambiamo argomento, da ex Margherita che effetto le ha fatto il cosiddetto caso Lusi?

«E’ una storia che non mi sorprende, diciamo che non mi meraviglio».

Da uomo che da anni vive e conosce i meccanismi di un partito, ritiene plausibile il fatto che nessuno si fosse mai accorto di nulla?

«C’è stata grande leggerezza, i soldi veicolati tramite quei 900 bonifici a qualcuno saranno andati no? Mentre si sta chiedendo rigore ai cittadini e alle imprese diciamo che si è chiuso un occhio sulla contabilità raffazzonata dei partiti. Secondo me bisognerebbe fare una cosa».

Quale?

«Eliminare il finanziamento pubblico e affidare il lavoro delle strutture partitiche al volontariato come già accade in molti paesi. Basta con le strutture con centinaia di dipendenti».

Capitolo riforme. In attesa di capire cosa stabilirà il nuovo Patto per la salute, la convincono le ipotesi che circolano in materia di sanità?

«Sulla riforma va fatto un dibattito approfondito, coinvolgendo i sindaci del territorio per trovare una mediazione. La stessa cosa va fatta per quanto riguarda la riforma endoregionale».

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