di Daniele Bovi
Una sola cosa è certa: non sono Giovani turchi. E con tutta probabilità neppure orde di giannizzeri al servizio del sultanato né terribili mamelucchi a cavallo. Fatto sta però che proprio lì, nel cuore dell’antica Costantinopoli, tra un caffè (rigorosamente alla turca) e una spremuta di melograno si sono dimenticate per un momento le asprezze della vita politica locale e molta attenzione sia dedicata alle elezioni amministrative di Perugia, o meglio: al duello di domenica prossima tra Anna Rita Fioroni e Wladimiro Boccali. Da ore infatti rimbalza sulle bacheche Facebook di molti utenti il dibattito intorno al vero e proprio boom di “Mi piace” su “Rinnoviamo Perugia. Adesso”, ovvero sulla pagina recentemente aperta dall’ex senatrice pd a sostegno della sua campagna elettorale.
Mamma li turchi Attiva dalla fine di gennaio, come testimonia il grafico è protagonista di un’impennata dall’11 febbraio ad oggi, quando da un livello prossimo allo zero si passa a quasi 13.500 “like”. Una media di oltre 1.200 al giorno che l’hanno portata ad essere il politico umbro di gran lunga più ‘popolare’. Numeri che saltano all’occhio di chiunque abbia mai gestito una qualsiasi pagina sul social network. Altra cosa che desta una certa curiosità è proprio il fatto che la «città di maggiore popolarità», ovvero quella con il maggior numero di persone che ne discutono sia proprio Istanbul. I dubbi e le perplessità campeggiano per ore sulle bacheche fino a quando, domenica mattina, la pagina sparisce per poi riapparire qualche ora dopo con soli 88 «like».
Politica 2.0 Nella politica 2.0 la social guerriglia ha assunto un ruolo importante: lo scopo è controbattere, attaccare e portare avanti le proprie tesi sulle bacheche 24 ore su 24. Alla bisogna si creano anche profili che paiono essere poco genuini. Un paio ne sono spuntati in queste ore nel battibecco tra Boccali e Fiorni all’insegna dello #staisereno, #sonoserenissima. Creati da pochi giorni quando non da ore con un inequivocabile foto del profilo («Rottamiamo Boccali»), sono pronti ad azzannare. Magari non sarà questo il caso, ma gli episodi in cui la politica mette in piedi campagne aggressive su Facebook in questi anni se ne sono contati molti. Di solito ad organizzarle sono le agenzie di comunicazione assoldate allo scopo.
Like tarocco Un grande mercato dei ‘like’ tarocchi è eBay, il più importante sito di aste online e di e-commerce. Basta digitare come chiave di ricerca «comprare mi piace Facebook» e si spalanca un mondo dove ad esempio con 15 euro ci si può aggiudicare «3.000 fans internazionali», oppure per 50 «2.000 Facebook like reali italiani». In questo caso si acquista un ebook e come per magia «avrai diritto a 2.000 nuovi like italiani». C’è pure la garanzia «soddisfatti o rimborsati». Un mercato che riesce a prosperare grazie alla concezione distorta che la politica, così come tantissime aziende pronte a farsi abbindolare dall’agenzia di turno, hanno dei social network. Concezione in base alla quale la forza di una pagina sta tutta nella quantità di «mi piace» accumulati. E così si ricorre al ‘viagra’ dei fan di cartone.
Forza e credibilità La forza e la credibilità di una pagina sta sì nel numero dei like, ma anche e soprattutto nel livello di interazione: è inutile avere migliaia di supporter e poi bacheche desolatamente vuote, senza interazioni sotto i post. La sensazione che danno è quella di un triste vuoto, come se un politico facesse un comizio o se un’azienda presentasse il proprio prodotto di fronte a migliaia di sagome di cartone. Il risultato è zero perché dall’altra parte arriva solo il silenzio. Altro uso distorto è quello dei profili dei personaggi politici su Facebook e Twitter che, creati alla bisogna, bombardano per i pochi giorni di campagna elettorale e poi, finita questa, svaniscono come nebbia al mattino. Specialmente se si ricopre un incarico pubblico, un profilo va curato con attenzione. Non è questo il caso ad esempio dell’account twitter di Boccali, nato il 26 gennaio «per essere più vicino ai cittadini» e poi muto per quasi un mese.
Ecosistema Come sa poi chi gestisce pagine, Facebook è un ecosistema tutt’altro che neutro, dove le regole che lo fanno girare sono prese da una ristrettissima cerchia di persone. Una di queste è che i post che vengono condivisi non vengono visti dalla totalità dei fan, ma solo da una fascia ridotta (a gestire tutto c’è un algoritmo). Se si vuole lecitamente aumentare la visibilità dei propri contenuti scatta la possibilità di fare promozione a pagamento: da un minimo di 15 euro al giorno, con una portata di nuovi «Mi piace» (di persone reali che scelgono in modo autonomo di cliccare sulla pagina) stimata tra 87 e 346, a un massimo di 74 euro con una forbice di nuovi «like» tra 427 e 1.708. In questo caso un sistema lecito che non riguarda l’acquisto di consenso finto. Però così va a finire che il politico o l’azienda di turno paghino una prima volta per avere la propria base di supporter, spesso tarocchi, e poi una seconda per aumentare la visibilità dei post e guadagnare persone reali. Con l’alto rischio di trovarsi in mano un pugno di mosche.
Twitter @DanieleBovi