Quasi 7 milioni di turisti in nove mesi, forse l’anno dei record per l’Umbria. Tra il 2019 e il 2023 in Umbria si è avuta una crescita numerica consistente delle strutture extralberghiere (anche in termini di posti letto), una diminuzione netta degli hotel tra 1 e 3 stelle e dei loro posti letto; un’occupazione media delle stanze negli alberghi buona, ma alquanto ridotta per ciò che attiene la ricettività extralberghiera. E’ l’istantanea scattata da Aur, Agenzie Umbria Ricerche, che ha fatto il punto sull’offerta ricettiva nella regione che si scopre sguarnita sul versante “strutture esperienziali”, decisive nel far crescere la spesa media dei turisti.
In Umbria nel 2023 i posti letto complessivi delle strutture alberghiere sono diminuiti di circa il 10%. Gli hotel a 5 stelle sono gli unici che fanno registrare una crescita: +20,9% nel 2023 rispetto al 2019. Risultano in totale presenti 446 strutture alberghiere (- 12,2%), ovvero oltre 60 strutture in meno. Sul territorio umbro ci sono oltre 6 mila strutture extralberghiere. A saltare all’occhio il dato: rispetto al 2019 sono cresciute circa del 24%, che in termini assoluti significa +1.189 strutture.
Tutte le tipologie di hotel fanno registrare variazioni positive dell’occupazione media: si va dal +5,6% degli hotel a 4 stelle al più 43,1% di quelli a due stelle. Segno più anche per agriturismi e le fattorie, i bed & breakfast, gli affittacamere e le case/appartamento vacanze, calo per ostelli, case religiose.
«In Umbria – spiega Giuseppe Coco – rispetto a mete come Napoli, Firenze, Roma, Milano si è avuta una crescita meno marcata di quei particolari hotel a 4 e 5 stelle in grado di offrire quel giusto mix di lifestyle tipico italiano e di cultura/atmosfera locale. Questo nella sostanza ha finito inevitabilmente col circoscrivere e non con l’ampliare l’appeal potenziale del sistema turistico regionale. In pratica non cresce la massa critica di quelle strutture in grado, più di altre, di far crescere finalmente quella spesa media dei turisti che, anno dopo anno, continua a caratterizzarsi per essere una delle più basse del panorama nazionale. Uno studio Aur l’ha stimata per il 2022 pari a 97,3 euro, che in termini di Pil prodotto sul sistema economico regionale si traduce all’incirca nel 2 per cento; un valore che esprime una capacità propulsiva del settore piuttosto contenuta, specialmente se la si confronta con altre realtà regionali».