Piazza Danti dopo gli scontri (Foto F.Troccoli)

di Ivano Porfiri

Che cosa è diventata Perugia agli occhi dei non perugini? E’ ancora la città tranquilla in cui mandare i propri figli a studiare oppure la «capitale dello spaccio», «il paradiso perduto in mano alle gang» come la bolla solo l’ultima inchiesta del genere, fatta stavolta da Attilio Bolzoni, una delle firme più autorevoli di Repubblica?

Se lo si chiede a un perugino la risposta è scontata: chi vive dentro o immediatamente fuori le mura etrusche le cronache dello spaccio è abituato a vederle tutti i giorni, le scene di tunisini che vendono eroina pressoché ovunque alla luce del sole o del tossico che si fa nel parco che tanto impressionano chi qui ci veniva fino a ieri una volta l’anno ad ascoltare jazz o ad acquistare Baci Perugina, ormai nemmeno ci fa nemmeno più caso. L’overdose di lunedì, la 13esima dell’anno, nel nostro giornale (così come su quelli cartacei) neppure si è conquistata il primo posto.

Ma chi vive fuori che ne pensa? Le inchieste di giornalisti importanti come Gianluigi Nuzzi o Bolzoni danno l’idea che i non umbri si stiano svegliando da un bel sogno, la Perugia bomboniera silenziosa e tranquilla, piombando nella realtà. Avere a che fare con chi vive di stereotipi è, per due motivi, tanto pericoloso: da un alto perché quando si spiega la realtà non si viene creduti, dall’altro perché una volta che ti viene attaccato un bollino addosso è difficilissimo toglierselo. Si rischia perfino che Woody Allen ti cucia addosso un film anacronistico come «To Rome with Love».

Nelle redazioni romane o nei salotti milanesi Perugia è stata finora la classica «città tranquilla». E, probabilmente, lo è ancora. La sortita perugina in settimana del ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha lasciato un po’ questa sensazione. Al di là di una mezzoretta di colloquio privato con i vertici istituzionali (peraltro già avvenuto a Roma con il sindaco, alla presenza del capo della polizia e il comandante dei carabinieri) cosa è venuto a fare il ministro?

Ad ascoltare tre interventi già scritti con i tempi contingentati senza che dall’assemblea dei sindaci nessuno abbia potuto prendere la parola? A dire che si attiverà presso il governo per agevolare la dismissione dei beni demaniali o per dare più poteri ai sindaci? A rispondere sbrigativamente alle domande dei giornalisti in quella che era stata annunciata come una conferenza stampa trincerandosi quasi sempre in un «non è la mia materia, chiedete al ministro competente»?

Certo, la testimonianza è un fatto importante. Esserci è un messaggio, un segnale di attenzione, così come inviare un prefetto fidato. Ma alle orecchie di chi l’ha ascoltata dire che, sì Perugia merita attenzione, ma comunque l’Italia resta un paese sicuro e l’Umbria lo è più che altrove lascia due sensazioni contrastanti: da una parte delude chi si aspettava l’annuncio di rinforzi per forze dell’ordine che fanno tanto ma sembrano a volte combattere una battaglia impari. Dall’altro un po’ rassicura: in fondo Perugia non è Scampia come paventa invece Repubblica. E quando ci si viene per una visita istituzionale a tappe forzate non si rinuncia comunque a una visita alla Perugina, come ha fatto il ministro. Dopotutto è sempre della capitale del cioccolato che stiamo parlando, quindi perché no a un pranzo coi dipendenti Nestlé (anche se il Lavoro non è la propria materia)? Se si vuol essere ottimisti, finché c’è ancora chi ci vede come la città di Euro-Chocolate anziché Ero-Disney, in fondo, c’è ancora speranza.

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5 replies on “Perugia da città del cioccolato a capitale dell’eroina: il pericolo del cambiamento (fondato) degli stereotipi”

  1. “Perugia non é Scampia” (cit.) .

    Aspettiamo ancora qlc anno, di questi passi si dirà “Scampia non è Perugia”. Intendendo che non é a livello del ns capoluogo come degrado.

    Almeno lì la popolazione, se decide di non far ebntrare nessuno, lo fa (anche se non certo con fini condivisibili, visto che quando lo fa, spesso é per difendere dagli arresti delle FFOO i “guaglioni” locali).

    Da noi invece si resta muti e supini ad accettare la protervia e faccia tosta della “ricchezza nazionale”, nell’ esercitare le proprie “attività”.

  2. Che pietà, a Perugia pochi sanno per esempio che i CC e Polizia hanno subito “minacce” perchè nelle caserme anni fa portarono i famosi “rastoni” pieni di pasticche, che però guarda caso, erano figli di rispettabilissimi, ma soprattutto potentissimi notai, avvocati ed imprenditori e quindi scattava l’ invito ad evitare certe azioni (arresti) pena il trasferimento a Sassari o Palermo, scoraggiò e scoraggia ancora ogni azione.
    A Perugia e dintorni, si interviene quindi, solo quando tutto diventa eclatante e non più camuffabile, ma comunque è sempre tardi.
    Nessuno per esempio riporta che difronte alla richiesta di alcuni Sindaci dei dintorni, di aumentare il numero e le ore di “guardia” (certe caserme dopo le 8 chiudono) hanno ricevuto risposte come: Il vostro paese è tranquillo per cui non è necessario. Spessissimo poi, capita che il tunisino colto in flagrante a spacciare, 40 minuti dopo passa sotto la caserma dei CC e li prende per il cuxo, perchè se disgraziatamente parla, sai che nomi vengono fuori?
    Siamo ostaggi a casa nostra.

  3. Il problema è questo paese, l’Italia, che fa semplicemente schifo. Siamo bravi a vestirci firmati, ad avere il capello fatto, profumati, belle auto, tutti fighi, evviva il made in Italy! Mentre la realtà è fatta di solo marciume, si va avanti solo a polvere bianca, a corruzione per avere sempre di più, sempre più soldi, sempre più visibilità, mentre negli ospedali ci sono ancora i topi. Tutto questo è patetico!

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