di Marco Torricelli

Si chiama ‘concordato liquidatorio senza assuntore’. Ed è questa la richiesta che, tra giovedì e venerdì mattina, il tribunale di Terni potrebbe ricevere dalla Sangemini. Una soluzione ben diversa da quella che, invece, sarebbe stata promessa, anche nelle ultime ore, dalla proprietà.

La promessa Perché, a differenza di quanto si aspetta il tribunale – e, sembra, anche il prefetto – quella che verrebbe ipotizzata non sarebbe una proposta ‘chiusa’, cioè con la presenza di un soggetto – il così detto ‘assuntore’ – pronto ad affittare il ramo d’azienda (in questo caso Norda, con il supporto di Tramite), ma ‘aperta’: al tribunale, in poche parole, verrebbe semplicemente notificato che la Sangemini non è stata in grado di trovare una soluzione. E che deve pensarci lui.

L’asta Se questa sarà la richiesta, il tribunale non potrà che prendere atto che la pazienza mostrata è stata inutile e nominare un commissario, al quale spetterebbe il compito di valutare tutte le eventuali offerte – si aprirebbe una sorta di asta, insomma – da parte di chi volesse subentrare all’attuale proprietà nella gestione dell’azienda.

Le offerte E in tribunale, a quanto risulta, per ora di offerta ce ne sarebbe solo una: quella dell’imprenditore campano Francesco Agnello. Ma è ovvio che, a quel punto, ci sarebbe una sorta di ‘tana libera tutti’, con la possibilità dell’arrivo di altre offerte e di ulteriori rilanci.

I documenti Nelle carte che Sangemini di prepara a presentare, infatti, non ci sarebbe – il condizionale è ovviamente d’obbligo – nessun impegno formale da parte di Norda e Tramite ad assumere il ruolo ‘assuntore’: i componenti della ‘cordata’, in pratica, potrebbero essersi riservati la possibilità di presentare una propria proposta, ma in un secondo momento, quando il tribunale dovesse avviare il concordato liquidatorio. Che si confermerebbe essere l’ultima carta a disposizione della Sangemini per tenere lontano lo spettro del fallimento. Magari tirando fuori di nuovo l’alternativa rappresentata dal gruppo Silva, che potrebbe presentare una sua proposta alternativa.

Nessun accordo Tra il presidente Roberto Rizzo ed i suoi interlocutori, insomma, non si sarebbe trovato il sempre promesso accordo e lo stesso Rizzo potrebbe tentare – utilizzando proprio la carta del concordato liquidatorio – di forzare la mano alle banche creditrici, cercando di ottenere, in extremis, quella ‘sanatoria’ sui debiti che gli permetterebbe di restare in sella. Ma la tattica potrebbe scontrarsi con quanto prevede la normativa.

Il concordato liquidatorio Che prevede, per questa formula, la soddisfazione dei creditori con il ricavato derivante dalla cessione dei beni dell’impresa. Una roba che, a spanne, fa a cazzotti con la ‘continuità aziendale’ di cui si è sempre parlato. Anche se c’è chi, in ambienti legali, fa notare che, «a fronte di un piano di risanamento molto ben congegnato, potrebbe essere possibile prevedere un piano alternativo al risanamento (di tipo, appunto, liquidatorio; ndr), da sottoporre sin da subito all’apprezzamento dei creditori, per l’eventualità che le ipotesi che sostengono il piano principale non si verifichino».

Il commissario Ma il tutto, a quel punto, sarebbe in mano ad un soggetto terzo e, soprattutto, nominato dal tribunale con un tempo d’azione stabilito – il commissario, appunto – che non potrebbe che applicare le norme alla lettera: fare il conto di attivi e passivi, verificare la disponibilità dei creditori, valutare freddamente le proposte – quelle giacenti e quelle che dovessero arrivare – e poi prendere una decisione. Insomma: da venerdì si balla. Anche se, in fondo, non si è mai smesso.