di Iv. Por.
«Le esternalizzazioni iniziano e finiscono con il magazzino di Ponte San Giovanni e non riguarderanno dunque altre strutture della Grifo o altri lavoratori». Lo ha assicurato il presidente di Grifo Latte, che ha partecipato all’audizione davanti alla Seconda commissione del Consiglio regionale insieme agli altri dirigenti del gruppo ‘Grifo agroalimentare’: il vicepresidente Riziero Giovi, il presidente dell’associazione cooperative agricole Graziano Pedetti e Albano Agabiti, presidente della Coldiretti Umbria. Tutto è partito dalla richiesta di audizione partita dal consigliere del Partito democratico Andrea Smacchi.
Il magazzino e i lavoratori Durante l’audizione si è partiti dalla vicenda del magazzino di Ponte San Giovanni. Catanossi ha spiegato che la decisione mira a ridurre i costi ed a migliorarne la funzionalità. «A Ponte S.Giovanni – ha detto – confluiscono gli arrivi da 5 punti di produzione umbri e ci lavorano 18 dipendenti sui 190 totali della Grifo. È stata operata una selezione delle offerte ed è stata scelta una cooperativa, la Servizi Associati, che ha 1400 dipendenti e lavora per importanti realtà pubbliche e private. La cooperativa che si occuperà del magazzino e riassorbirà i 18 lavoratori dovrà riconoscergli la possibilità di scegliere se diventare soci e restare semplici dipendenti. Ci è stato garantito il rispetto dei contratti nazionali di lavoro, l’inquadramento non al livello più basso e il riassorbimento di eventuali esuberi, mentre al momento il magazzino avrebbe per noi 2 persone in eccedenza, destinate a diventare 4 con l’attivazione di un nuovo macchinario di confezionamento». Replicando poi alle osservazioni avanzate anche da Luca Barberini (Pd), Catanossi ha specificato che «le esternalizzazioni iniziano e finiscono con il magazzino di Ponte San Giovanni e non riguarderanno dunque altre strutture della Grifo o altri lavoratori».
Il prezzo del latte Rispetto alle sollecitazioni di Massimo Mantovani (Ncd) sulla promozione e di Raffaele Nevi (FI) sul ruolo della Regione nel Gruppo Grifo, sul prezzo pagato per il latte e sulla diversificazione dell’offerta, Catanossi e Pedetti hanno rilevato che «servirebbe una promozione integrata di tutta la regione e dei suoi prodotti migliori e non dei singoli marchi, seppure di qualità. La quotazione del latte stabilita dal mercato è oggi 37 centesimi, ma Grifo lo acquista dai produttori umbri a oltre 42, più Iva e quota qualità. La quota regionale in Grifo risale a circa 30 anni fa, quando la cooperativa assorbì altre cooperative in difficoltà di cui la Regione deteneva delle quote. Non dovrebbe essere neppure possibile, a questo punto, che la Regione ritiri il suo capitale sociale. La Grifo intende mantenere in Umbria strutture produttive e centri decisionali, anche per questo ha puntato sul vino (vorremmo portare la cantina di Amelia in attivo in un triennio) e porteremo la lavorazione di legumi e la gastronomia nello stabilimento di Fossato di Vico. Contiamo di vedere se nel Piano di sviluppo rurale ci saranno fondi da utilizzare in questo senso».
Filiera e territorio Giovi ha poi sottolineato che «è importante, per gli allevatori, avere un riferimento come Grifo: la cooperativa ha evitato di utilizzare gli ammortizzatori sociali anche nei momenti difficili, anche quando, nel 2012, la produzione di latte era in perdita. Ci stiamo adattando ad una situazione difficile, evitando di seguire la strada di molte aziende agroalimentari che in questi anni hanno chiuso». Agabiti ha poi aggiunte che la« Grifo ha sempre pagato un prezzo di fascia alta per il latte degli allevatori umbri, che però in gran parte sono dislocati in territori montani e marginali ed hanno quindi alti costi di produzione e trasporto. Se oggi in Umbria abbiamo carne, latte e cereali a filiera controllata e garantita è grazie a realtà produttive del territorio come la Grifo e non solo, che tra l’altro garantiscono un protagonismo diretto degli agricoltori».
Crisi e salute del gruppo Durante i lavori è stato disegnato un quadro della situazione attuale del Gruppo Grifo, che impiega direttamente 190 persone (18 nel magazzino), ha un fatturato di circa 54 milioni di euro e ha varato un Piano industriale che punta alla diversificazione (oltre al lattiero caseario anche legumi, vino e gastronomia) e cerca di fare fronte ad una crisi economica che ha portato una riduzione dei consumi che in Umbria si attesta intorno al 9%. Al termine dell’incontro Smacchi si è detto «rassicurato per quanto riguarda il piano industriale e il futuro dello stabilimento di Fossato di Vico. Ma la scelta sul magazzino, per quanto legittima e apparentemente irrevocabile, poteva essere valutata meglio e in modo più approfondito. Dato che viene riassunto lo stesso personale si è evidentemente puntato sulla riduzione dei costi più che sulla riorganizzazione».