di Ivano Porfiri
Gli accordi ci sono, sottoscritti fin dal 2009, tra Agenzia delle entrate e i principali comuni umbri, tra cui i due capoluoghi Perugia e Terni. Obiettivo di quei protocolli d’intesa è il “Potenziamento dell’azione di contrasto all’evasione fiscale”. Ma l’efficacia? Poca, anzi l’anno scorso nulla, stando all’ultimo rapporto elaborato dalla Cgia di Mestre.
Come funziona I protocolli d’intesa prevedono che i Comuni, attraverso il coinvolgimento degli uffici preposti, possono dar luogo a un’azione di contrasto all’evasione fiscale trasmettendo all’Agenzia delle entrate o alla Guardia di finanza delle “segnalazioni qualificate” nei confronti di soggetti per i quali sono riscontrati comportamenti evasivi e/o elusivi. Il conseguente recupero di imposta accertato dagli uomini del fisco viene poi traferito ai Comuni che hanno avviato l’operazione.
Numeri per l’Umbria Partendo dall’anno 2009, il numero di accertamenti erariali realizzati con il contributo dei Comuni in Umbria è partito con 6 l’anno nei primi due anni, per poi salire a 31 nel 2011, il picco più alto. Poi progressivo decremento: 19 nel 2012, 13 nel 2013, 9 nel 2014 per arrivare a un desolante zero nel 2015. Guardando alle somme riconosciute agli enti locali grazie a questi accertamenti, non si tratta certamente di milioni, ma comunque di cifre interessanti: solo 2.862 euro nel 2010 e 6.966 nel 2011 poi saliti a 140.079 nel 2012 e 202.337 nel 2013, poi scesi a 55.974 nel 2014. Di questi, restando nel 2014, 36.026 euro sono andati al Comune di Perugia e 9.223 a quello di Terni. Nella classifica nazionale dei capoluoghi di provincia, Perugia è 39esima con 31 centesimi recuperati mediamente per ogni contribuente, Terni 48esima con appena 12 centesimi. Bergamo, ad esempio, ha recuperato 1,2 milioni (ovvero quasi 14 euro per ogni contribuente), più o meno quanto Genova e Torino, Milano oltre 2 milioni.
Accertamenti diminuiti Ampliando lo sguardo al panorama nazionale, del resto, emerge che solo il 7 per cento dei Comuni italiani si è attivato nella lotta all’evasione fiscale, cioè 550 su 8 mila. Quei pochi municipi che si sono attivati hanno diminuito il numero degli accertamenti sui tributi erariali (Irpef, Irap, Iva, etc.). E il trend è il medesimo che in Umbria: se il picco massimo è stato ottenuto nel 2012 (pari a 3.455 accertamenti), nel 2013 il dato è sceso a 2.916, nel 2014 a 2.701 e l’anno scorso a 1.970.
Incentivi aumentati Come si intuisce osservando l’andamento dell’incentivo economico riconosciuto agli enti locali per la loro partecipazione agli accertamenti fiscali, le somme recuperate agli evasori, comunque, sono in deciso aumento. «La crescita del gettito è aumentata perché è stata incrementata l’aliquota riconosciuta dal legislatore ai Comuni sulle maggiori entrate tributarie recuperate dall’accertamento a cui hanno collaborato – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – in quanto originariamente la quota riconosciuta ai sindaci era del 30 per cento, nel 2010 è stata innalzata al 33 per cento e nel 2011 al 50 per cento. Infine, per gli anni dal 2012 al 2017 è stata elevata al 100 per cento». Tuttavia, proseguono dalla CGIA, ad aver sfruttato questa opportunità sono stati prevalentemente i sindaci dell’Emilia Romagna e della Lombardia.
Tanti sconosciuti al fisco «Ci sono ancora moltissime persone completamente sconosciute al fisco – afferma il segretario della Cgia, Renato Mason – che continuano a nascondere quote importanti di valore aggiunto. Non dimentichiamo, poi, il mancato gettito imputabile alle manovre elusive delle grandi imprese e alla fuga di alcuni grandi istituti bancari e assicurativi che hanno spostato le sedi fiscali nei Paesi con una marcata fiscalità di vantaggio per pagare meno tasse».