di Chiara Fabrizi
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Crisi ex-Pozzi, riparte la fusione della ghisa. Tornerà a battere dal 25 marzo il cubilotto, cuore degli impianti della Ims, chiamato ad assicurare la produzione dei particolari richiesti dalla Lahyer. Già, perché il gigante dei ponteggi, nonostante la burrasca che da tempo agita il polo metallurgico spoletino, ha confermato una serie di commesse strategiche che, a partire dall’ultimo lunedì del mese, impegneranno progressivamente le maestranze del comparto, poco meno di 200, per i successivi 90 giorni.
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I LAVORATORI SCENDONO IN STRADA. FOTOGALLERY
Riparte la fonderia Il cliente tedesco, stando a quanto riferito giovedì sera dai manager del Casti group alle parti sociali, si sarebbe fatto carico dell’approvvigionamento delle materie prime necessarie a evadere gli ordinativi, sopperendo, quindi, alle pesantissime criticità finanziarie del gruppo industriale varesino proprietario degli stabilimenti di Santo Chiodo su cui pende, va ricordato, una procedura di concordato aperta al tribunale di Spoleto. Ma non è tutto. Negli uffici di Confindustria, i vertici del polo hanno anche riferito alle organizzazioni sindacali di una trattativa in corso con un partner straniero interessato agli impianti della ghisa.
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IMS. GLI OPERAI TORNANO IN COMUNE. GALLERY
L’appetito degli israeliani A mostrare appetito nelle ultime tre settimane sarebbe stato un gruppo israeliano, già proprietario di alcune fonderie, disponibile a una partnership proprio sulla Ims, su cui nessun investitore, al di là di qualche indiscrezione mai ufficializzata, si era mai fatto avanti. Va subito detto che di punti fermi i manager del polo spoletino, almeno per il momento, non ne hanno messi molti, limitandosi a confermare la visita della proprietà e dell’amministratore delegato negli stabilimenti di Santo Chiodo e annunciando, per i prossimi giorni, il primo sopralluogo tecnico. Stando a quanto riferito, Spoleto permetterebbe agli israeliani di chiudere il cerchio della propria offerta industriale carente, questo il punto, sulla ghisa malleabile, largamente prodotta nell’ultimo polmone industriale della città.
IL CORTEO DELL’EMERGENZA LAVORO. LE IMMAGINI
Concordato Ma la cautela è d’obbligo, nonostante l’iniezione di capitali freschi rappresenti l’unica via di fuga dalla crisi. Sul fronte dell’Isotta Fraschini (alluminio), che come noto dal primo luglio con la formula del fitto del ramo di azienda passerà a un gruppo francese, trapela la presenza nei documenti di un vincolo che blinderebbe la produzione al territorio scongiurando l’incubo del trasferimento delle tecnologie fino al 2021. E sempre nel concordato, tanto per la ghisa quanto per l’alluminio, sono stati assicurati i livelli occupazionali. Mentre sul fronte degli stipendi arretrati è stata liquidata la 13esima e in questi giorni è atteso il pagamento della mensilità di dicembre, resta fuori gennaio. Spiragli.