di Dan.Bo.
Un’opera preziosa distrutta allo scopo di allestire una mostra inutile, della quale sfugge il valore scientifico e culturale. E’ il duro atto d’accusa lanciato giovedì, dalle colonne de Il Fatto quotidiano, dal noto storico dell’arte Tomaso Montanari nei confronti della mostra su Antonio Canova recentemente inaugurata ad Assisi. Una rassegna nella quale avrebbe dovuto essere esposto anche uno dei pochi esemplari noti dell’Uccisione di Priamo, come noto andato distrutto nelle settimane scorse a Perugia. L’opera del Canova era ospitata dall’Accademia di belle arti e il 2 agosto, mentre stava per essere calata a terra, è caduta frantumandosi in molti pezzi. «Prima o poi – scrive Montanari che recentemente è stato chiamato dal ministro Bray, insieme al direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Umbria Francesco Scoppola, a far parte di una commissione per la riforma del Ministero – doveva succedere: il mostrificio italiano ha fatto una vittima illustre». «E non c’è restauro che tenga».
Mostra in franchising Montanari ricostruisce poi il contesto della mostra: «Una specie di franchising – osserva – della Gipsoteca Canoviana di Possagno, l’istituzione che raccoglie l’eredità dell’artista, e che oggi è stata trasformata in una fondazione, e dunque immancabilmente cannibalizzata dalla politica». Presidente è l’ex ministro per i Beni culturali Galan (Pdl) che consentì, riferisce Montanari, di far realizzare nel novembre del 2012 un catalogo di Intimissimi nella Gispoteca: «Una galleria fotografica – dice – in cui tombe papali, santi e eroi classici servono a vendere mutande e reggicalze».
Senza un progetto «La mostra di Assisi – scrive – è l’esatta attuazione di questa linea: non ha un progetto scientifico, non ha una linea culturale. E’ un’antologica da cassetta che sarebbe giustificata dal fatto che il fratello di Canova aveva possedimenti in Umbria». Il tutto condito «da un coro di esilaranti scempiaggini, come quella (avanzata dal direttore della sventurata Accademia perugina) sulle affinità armoniche tra le forme neoclassiche di Canova e i versi medioevali di San Francesco».
La replica di Ricci In una nota inviata alle redazioni nella mattinata di giovedì il sindaco di Assisi Claudio Ricci replica «ringraziando – scrive – in quanto tutta questa pubblicità nazionale sta portando molti visitatori in Assisi». «Poi ricordiamo – aggiunge – che l’incidente avvenuto al “calco in gesso” (copia) si è verificato in Perugia presso l’Accademia delle Belle Arti (illustre e benemerita istituzione culturale perugina e nazionale) e che l’opera sarà restaurata come doveroso». In realtà il luogo dell’incidente poco importa, mentre nulla il sindaco dice a proposito del valore culturale della mostra assisana.
Vale ancora il detto che “chi rompe paga e i cocci sono suoi”?. A chi
restano poi i cocci ? Vengono forse consegnati all’ex doge Galan per essere
portati a Possagno?
IL Solighetto non ha ancora capito che la replica andata in frantumi è quella della Accademia di Perugia. Ciò detto, è demenziale l’idea di spostare – a mano! – un gesso di m.1,40X2,45. Per la natura del materiale e perfezione formale delle opere canoviane, l’ipotesi del restauro è impraticabile, a meno che non si voglia spendere cifre enormi per niente, come nel caso dell’affresco di Assisi.
Ultimo appunto, l’opera è assicurata 700.000 €, ma valeva almeno tre volte tanto. Insomma un disastro.
Vale ancora il detto che “chi rompe paga e i cocci sono suoi”?. A chi
restano i cocci? Vengono forse consegnati all’ex doge Galan per essere
portati a Possagno, ingessati?
Mi chiedo come Galan, dopo i disastri avvenuti sotto la sua carica di ministro dei Beni Culturali (già, non dimentichiamo, abbiamo avuto per ministro nientemeno che l’ex uomo Publiatalia’80) abbia ottenuto ancora la carica di presidente della VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati.
Vorrei tanto chiedergli faccia a faccia se non ha il minimo senzo del pudore.
Ma siamo in Italia.
Non è un uomo nè un galantuomo, nella casta non si è mai castigati