di Francesca Marruco
«Dopo aver ricevuto rilevanti somme di denaro dall’associazione camorristica denominata ‘casalesi’ impiegavano dette somme per l’acquisizione di società in difficoltà economica, e attraverso una serie indeterminata di delitti di truffa, sia in danno dei titolari che dei fornitori e dei clienti delle società, distraevano i profitti e se ne appropriavano, fino a condurre alcune imprese al fallimento». Il nocciolo dell’inchiesta Apogeo sta tutto qui: nel capo d’imputazione con cui il pubblico ministero Antonella Duchini contesta agli indagati l’associazione a delinquere, aggravata dai legami mafiosi.
I soldi della camorra in Umbria Adesso il magistrato ha chiuso le indagini e si prepara a chiedere il rinvio a giudizio per 17 persone. La notifica del 415 bis è dei giorni scorsi. L’allarme per quei soldi sporchi della camorra arrivati a inquinare l’economia umbra è ancora attuale. Era con quei soldi infatti che il clan partenopeo aveva provato ad acquistare in complesso residenziale il Centro di Ponte San Giovanni, prima sequestrato dai Ros e dal Gico della guardia di finanza che hanno portato a termine le indagine, e poi restituito alla ditta che lo aveva costruito e nulla aveva a che fare con i giri sporchi.
Arrestati In manette a settembre dello scorso anno erano finiti Angelo Russo, Filippo Gravante, Pasquale Tavoletta, Antonio Iossa, Giuseppe D’Urso, Salvatore Orecchio, Gaetano Cacciola, Maurizio Papaverone, Fiorella Luciana Pavan, Stefano Malmassari, Carmelo D’Urso, Santi Carmelo Balastro, Giuseppe Marino, Giuseppe Zinnarello e Marcello Briganti. Adesso per loro si avvicina il momento del processo.
Accuse Truffa aggravata, riciclaggio, bancarotta fraudolenta, totale evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, emissione e ricezione di fatture per operazioni inesistenti. Sono queste le accuse che vengono contestate a vario titolo alle persone implicate nell’indagine, alcune delle quali ancora dietro le sbarre, o agli arresti domiciliari. Secondo la ricostruzione accusatoria del pm della DDA Antonella Duchini, per rilevare e svuotare le società in crisi, avrebbero creato e acquisito «una serie di società operanti nel settore dell’edilizia e della ristorazione, società aventi anche sedi inesistenti o fittiziamente collocate all’estero e operanti mediante prestanome».
Società fittizie e società uccise Tra le società fittizie ci sono: Sfa Financial Advisor con sede inesistente in Svizzera, Ginevra Immobiliare Group, Consorzio Italia e società consorziate: Ital Progedil, Fides Real Estate, Delta Costruzioni, Edil40, Df Costruzioni, Regolo Re s.r.l., Co.In.All, Euro Edil, Edil Maggiori costruzioni, hotel Corallo di Pesaro e Hotel Domo di Perugia. Quelle invece cannibalizzate dai soldi della malavita sono : Co.In.All , impresa Palazzetti, Hotel Domo di Perugia, Hotel Corallo di Pesaro, Hotel Giardino di Perugia.
La truffa e il sospetto Il proprietario dell’Hotel Domo di Perugia aveva raccontato come era stato avvicinato, convinto e truffato dalle persone che poi sono state arrestate e che lo hanno lasciato in un mare di problemi. Perché il loro unico scopo era intascare i soldi e uccidere le società che rilevavano. L’indagine era nata intorno alla metà del 2010 in seguito alle segnalazioni arrivate in merito a rilevanti operazioni economiche condotte da soggetti non conosciuti nel Perugino. Segnalazioni che hanno poi portato ai controlli effettuati dalla guardia di finanza e alle società ora smascherate, molto spesso guidate da dei prestanome. Uno dei quali, riferirono i carabinieri in conferenza stampa nel settembre dello scorso anno, doveva eseguire gli ordini impartiti altrimenti, «gli avevano detto che lo avrebbero buttato in acqua con le scarpe di cemento». Gente che non scherzava. Affatto.