di Daniele Bovi

Verbali con pagamenti incompleti, non notificati, non immessi a ruolo oppure immessi in ritardo, verbali con istruttoria incompleta e altri non registrati nel sistema informatico. Ammonterebbe in tutto a oltre 446 mila euro il presunto danno erariale per il quale, mercoledì, la Procura regionale della Corte dei conti ha chiesto la condanna al risarcimento del maresciallo della polizia provinciale Monia Mattiacci, degli ex comandanti Michele Fiscella e Luca Lucarelli e Stefano Mazzoni. La Provincia, invece, non si è costituita. Il caso è stato discusso davanti alla Sezione giurisdizionale, presieduta di Piero Carlo Floreani.

Multe sparite I 446 mila euro si riferiscono ai mancati incassi delle multe per violazioni al codice della strada fatte dal 2011 al 2014; crediti che con il passare degli anni si sono prescritti, provocando così un danno all’ente. In totale si parla di ben 1.648 verbali su 5.164; in pratica uno su tre «non è stato correttamente processato dagli uffici». La vicenda peraltro è approdata pure in sede penale (il processo è ancora in corso), dove al maresciallo viene contestato il peculato per l’appropriazione di alcune somme; in tutto si tratterebbe di una piccola cifra relativa a circa 40 episodi.

Mala gestio Per la Procura contabile, che parla di mala gestio e «gravi anomalie» e che si è basata anche su una serie di esposti, al centro della vicenda ci sarebbe il maresciallo Mattiacci. Dalle testimonianze, raccolte anche dai convenuti, è risultata nel complesso «una situazione di assoluto caos» non affrontata né risolta da nessuno, almeno fino all’arrivo di un nuovo comandante. Fatti peraltro non comunicati dalla Provincia, per la quale la Procura parla di «comportamento almeno omissivo».

In aula Secondo la Corte dei Conti il profilo professionale del maresciallo (qualifica di livello C) non poteva portarla a gestire le multe in «totale autonomia». Fiscella, Mazzoni e Lucarelli sono stati infatti citati in giudizio perché non avrebbero mai bloccato l’attività di Mattiacci e non sarebbero mai intervenuti per sanare la situazione. Secondo le indagini il tutto era talmente personalizzato che nel corso di una perquisizione a casa del maresciallo «tutti i fascicoli dell’epoca sono stati ritrovati in locali e ambienti della disponibilità esclusiva della Mattiacci (compresa una “taverna-rustico” all’interno dell’abitazione, nella quale aveva trafugato numerosi atti)».

La difesa A difendere il maresciallo è l’avvocato Nicola Di Mario che, in primis, ha ricordato che nel corso della perquisizione non sono emersi elementi tali da sostenere l’ipotesi di reato ancora al vaglio del tribunale; quanto ai documenti, non è neanche chiaro se quelli ritrovati fossero gli originali o le copie. «Di sicuro il maresciallo – ha detto il legale – non ha costituito alcun archivio parallelo per allontanare da sé i sospetti di illeciti». Oltre a ciò per Di Mario l’azione della Procura è arrivata a tempo scaduto, quando almeno per il 2011 la prescrizione era già scattata. Per il legale inoltre il maresciallo dal 2012 al 2017 si è limitato a inserire nel sistema gli estremi dei verbali, mentre era compito degli apicali far sì che i crediti maturati non andassero in prescrizione. «Non si possono lanciare solo strali – ha detto a proposito delle testimonianze riportate negli atti – senza tenere conto delle proprie responsabilità».

Convitati di pietra Alessandro Formica per Lucarelli ha ricordato che quest’ultimo è stato comandante dal 2010 al 2011 e che all’epoca nulla faceva pensare a quanto poi contestato dalla Procura contabile. Idem per quanto riguarda l’ex dg Mazzoni, in carica fino al 30 aprile 2014: «Fino a quel momento – ha ricordato – il problema non è stato mai formalmente segnalato». «Non uno dei soggetti che diceva che tutti sapevano – ha aggiunto – è stato citato in giudizio; in questo processo ci sono dei convitati di pietra».