Gli inquirenti sul luogo del delitto ( foto U24)

di Francesca Marruco

Adesso anche il proprietario del martello con cui è stato torturato Sergio Scoscia ha confermato che è proprio quello che lui aveva lasciato nella botola nel sottotetto del cantiere di fronte a casa degli Scoscia prima di partire per le vacanze di Pasqua.  Qualcuno lo ha rubato da quel cantiere che affaccia davanti al casolare del duplice omicidio. Qualcuno che doveva sapere dove andare a cercare.

La conferma L’operaio calabrese lo ha confermato agli uomini della squadra mobile di Marco Chiacchiera: «E’ mio si, lo avevo lasciato lì per farlo usare ad un collega più giovane la mattina dopo». Nessuna certezza invece sulla sedia ritrovata sulla tettoia dietro il casolare, qualche operaio ha detto di averla vista nel loro cantiere ma al momento non è sicuro.

Il percorso per andarsene Di certo invece chi ha usato il martello su Sergio Scoscia lo ha preso nel cantiere insieme a due scale, una lunga quattro metri lasciata nel campo che separa il casolare dal cantiere e una di due appoggiata alla tettoia, e alla lana di vetro, usata per non fare rumore sulle lamiere. I poliziotti hanno ricostruito  il tragitto che i presunti ladri hanno fatto per andar via.  Sono passati dal pollaio degli Scoscia, attraverso il campo, fino al fosso e al cantiere. C’erano impronte, più nitide sulla terra bagnata. Che verranno comparate.

Gli orari che non tornano Gli operai sentiti giovedì in questura non erano presenti dunque quando gli altri hanno testimoniato di aver sentito delle urla intorno alle sette del mattino. Urla disperate. E frasi molto simili a quelle pronunciate dal nipote delle vittime Valerio Mion quando ha chiamato i soccorsi. Quando lui lo ha fatto però erano quasi le nove del mattino. Quasi due ore dopo. Gli operai sono convinti. Non ci si può sbagliare su un’oretta di lavoro o quasi due.

Le stranezze Mentre il nipote chiamava la polizia, la madre Marcella ha rimesso in ordine il disordine lasciato dai presunti ladri nell’androne che casa sua e quella in cui sono stati uccisi i familiari hanno in comune. Un gesto sicuramente singolare. Come quello del compagno Mauro di aggiustare in fretta e furia il vetro che gli assassini hanno infranto per entrare nel laboratorio orafo dismesso di Sergio situato al piano terra. Per entrare e uscire hanno rotto il vetro.

Incoerenza Viene da chiedersi perché tanta cura sia stata usata dai malviventi per smontare la finestrella del bagno sul retro del casolare da dove sono entrati in casa delle due vittime e nessuna per entrare nel laboratorio. E anche perché, arrivati nell’androne in comune delle due case si siano fermati, senza proseguire in casa di Marcella, Valerio e  Mauro. Viene da supporre che conoscessero l’interno dell’abitazione. Ma ne abbiano evitato accuratamente una porzione.

Interrogativi Entrano in casa delle vittime, nello spazio in comune con l’altra casa e nel laboratorio dismesso al piano terra. Ma non portano via nulla. Soldi e gioielli che pure nella casa c’erano visto il passato di orafi della famiglia restano al loro posto. Non li trovano? Le chiavi della cassaforte, situata nella camera in cui sono stati rinvenuti i cadaveri, erano nella tasca dei pantaloni di Sergio, pantaloni appoggiati sulla sedia in camera sua. Bastava rovistare un po’. Anzi solo un po’ di più visto l’enorme disordine che c’è nella casa delle vittime.

Questo contenuto è libero e gratuito per tutti ma è stato realizzato anche grazie al contributo di chi ci ha sostenuti perché crede in una informazione accurata al servizio della nostra comunità. Se puoi fai la tua parte. Sostienici

Accettiamo pagamenti tramite carta di credito o Bonifico SEPA. Per donare inserisci l’importo, clicca il bottone Dona, scegli una modalità di pagamento e completa la procedura fornendo i dati richiesti.