Don Lucio Gatti in procura a Perugia (foto Fabrizio troccoli)

di Francesca  Marruco

Ventiquattro mesi. È questa la pena – sospesa – a cui l’ex numero uno della Caritas di Perugia don Lucio Gatti è stato condannato dal giudice del tribunale di Perugia Alberto Avenoso, che ha accolto la richiesta di patteggiamento presentata dal difensore del sacerdote, con l’avallo del pubblico ministero titolare dell’indagine Massimo Casucci. Don Gatti era stato denunciato per molestie sessuali che sarebbero avvenute all’interno delle comunità di recupero della Caritas che lui stesso gestiva in prima persona.

Il giudice ha accolto L’udienza per il patteggiamento si è tenuta giovedì mattina. Il sacerdote, che adesso si trova in una comunità nel nord Italia, ha scelto di non essere presente. C’erano alcuni degli avvocati dei ragazzi che lo hanno denunciato, e che, dopo la lettura del dispositivo, hanno annunciato un’azione civile. E forse anche una lettera a Papa Francesco. Nella stessa udienza anche Cruciani Agostino, accusato per un episodio di molestie sessuali, ha patteggiato una pena di undici mesi e venti giorni.

Nessuna conclusione colpevolista L’avvocato del sacerdote Nicola di Mario, dopo la sentenza ha diramato una nota in cui spiega che «la scelta processuale operata dal mio cliente  non manifesta alcun significato conclusivo in senso colpevolista ma riflette la precisa volontà di definire, in tempi rapidi, le contestazioni di addebito, evitando maggiori tensioni emotive e prolungate strumentalizzazioni che coinvolgono soggetti estranei alla vicenda. L’indagato ha ritenuto di privilegiare un rito alternativo senza che ciò possa considerarsi, dal punto di vista giuridico, ammissione di responsabilità o confessione per comportamenti concludenti».

Le accuse All’ex numero uno della Caritas, ora sospeso per cinque anni dal sacerdozio dopo un’inchiesta interna della Curia in cui contenuti e le cui conclusioni, salvo la decisione della sospensione a termine, sono rimasti segreti, venivano contestati cinque episodi di molestie sessuali e due in cui a don Gatti viene contestato il reato di abuso di mezzi di correzione.

Pugni ai reni e niente cibo In particolare, recita il capo d’imputazione «in qualità di direttore della Caritas diocesana e come tale responsabile della comunità di San Fatucchio, abusava di mezzi di correzione in danno di omissis  limitando gli alimenti al di fuori delle ore dei pasti fino a provocare conati di vomito, somministrando anche psicofarmaci senza prescrizione medica, utilizzando metodi violenti quali pugni ai reni, sulle spalle e allo stomaco, anche con l’uso di una lametta tra le dita, cagionando così ferite da taglio, non refertate, utilizzando anche pressioni psicologiche e anche utilizzando in una occasione una forbice infuocata per cancellare parzialmente un tatuaggio su un braccio, consistente nella lettera S, l’iniziale del nome della moglie, tenendo gli ospiti in stato di promiscuità tali da creare problemi di salute, omettendo di soccorrerlo o di farlo soccorrere in occasione di una sua caduta dal trattore che conduceva nello svolgimento di attività lavorativa all’interno della comunità».

Le molestie in casa sua  Uno degli episodi  di molestie sessuali che gli veniva contestato era cristallizzato così nel capo d’imputazione: «conduceva omissis presso la sua abitazione di Cenerente per dei lavori che avrebbe dovuto effettuare il mattino seguente, costringendolo a passare la notte nel suo letto, facendolo rimanere in indumenti intimi e lo costringeva con violenza e con la minaccia implicita delle conseguenze di un suo rifiuto a subire atti sessuali. In particolare, dopo essere entrati nel letto, strisciava la sua gamba sulle di lui parti intime, appoggiando un ginocchio sul pene, per poi abbracciarlo, mettendosi sopra di lui baciandolo ed insalivandolo. Dinanzi alla richiesta di fermarsi continuava a toccarlo, prendendogli la mano e portandola verso il suo pene. Dopo che omissis gli aveva spostato la mano per far capire che non intendeva andare oltre si inaspriva e gli diceva, ‘tu non sai quanto ti voglio bene’ cominciando a ritoccarlo tra le gambe e sul pene, contemporaneamente masturbandosi fino a raggiungere l’eiaculazione».

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