La protesta dei lavoratori nel marzo 2016 a Gubbio

di Daniele Bovi

Sette pagine per scrivere la parola fine in calce a una storia lunga decine di migliaia. A scriverla, martedì, è stato l’Ufficio fallimentare del Tribunale di Perugia, che ha dichiarato fallita la società Gruppo editoriale Umbria 1819 che editava il Giornale dell’Umbria. Come riportato nella sentenza, le istanze di fallimento presentate sono più di una. La prima, del gennaio scorso, è della Infopress, la società che per lungo tempo si è occupata delle pagine sportive del quotidiano e che lamenta mancati pagamenti per oltre 86 mila euro. Un mese dopo è arrivata la seconda avanzata da Rotopress International, ovvero la società che si occupa di distribuzione e stampa e che nel corso di due anni, il 2015 e il 2016, ha accumulato fatture per 226 mila euro. Ulteriori istanze inoltre sono state presentate da dipendenti, poligrafici, giornalisti, impiegati «i quali tutti espongono di essere stati licenziati – scrive il giudice – e di non aver percepito il pagamento delle ultime retribuzione e del Tfr, che tra l’altro non risulterebbe accantonato in azienda».

L’ESPOSTO IN PROCURA

La memoria Nella sua memoria la Geu 1819 ha replicato sostenendo che le istanze di Infopress e Rotopress sono inammissibili «in quanto le pretese non sono fondate su titolo esecutivo, occorrendo pertanto una verifica giudiziale circa l’effettiva esistenza del credito e l’esecuzione delle prestazioni rese». Oltre a ciò, sostiene la società ormai fallita, «i crediti suddetti non sono stati inseriti in bilancio e l’organo di liquidazione sta cercando di ricostruire la contabilità», vagliando anche «eventuali responsabilità dei precedenti amministratori». Sul tavolo la Geu 1819 ha provato a mettere anche altri elementi ovvero il ripiano delle perdite, crediti per 1,4 milioni di euro in corso di recupero e pure le cause per diffamazione contro la Regione Umbria e Rcs per un articolo apparso sul Corriere della Sera; cause, assicura la Geu, dalle quali l’azienda conta di ricavare un risarcimento danni quantificato in 3,9 milioni di euro. Nell’udienza del 5 aprile scorso è stato concesso un mese di tempo per depositare il bilancio e un’ulteriore memoria, dove si contestano pure i crediti dei lavoratori (a parte i 700 mila euro di Tfr) «per il fatto che nessuno è munito di titolo esecutivo»; addirittura, si arriva ad accusare di «sabotaggio» un gruppo di ex dipendenti dato che alcuni, rimasti senza lavoro, hanno deciso di lavorare per il Nuovo corriere nazionale, in edicola da marzo.

TUTTO SUL CASO GIORNALE DELL’UMBRIA

La sentenza Ma non è finita qui. Sul bilancio 2015 infatti, approvato a fine aprile, è arrivato il parere negativo sull’approvazione di un membro del collegio sindacale e la contestazione della validità («per inesistenza») dell’assemblea con la quale, a metà maggio, il Giornale è stato messo in liquidazione. La Geu ha provato a chiedere tempo fino alla fine del 2016 per redigere il bilancio di liquidazione e per ottenere il contributo pubblico che spetta ai giornali relativo al 2015. Tutti argomenti che non hanno convinto il Tribunale fallimentare, il quale stabilisce che «la legittimazione dei creditori non può essere seriamente posta in dubbio», dato che basta un accertamento incidentale, e non giudiziale, da parte del giudice; per lo stesso motivo «non rileva» che i creditori siano privi di titolo esecutivo. In sintesi il giudice, che parla di «un quadro di decozione palese», spiega che «non è seriamente contestabile che gli odierni istanti abbiano reso in favore della Gue prestazioni che legittimano richiesta di pagamento, essendo pacifico che quanto meno fino a dicembre dell’anno scorso il giornale è andato in stampa, cosicché le contestazioni ex avverso appaiono generiche e strumentali».

Curatela e indagini La sentenza nomina curatore fallimentare Eros Faina, che provvederà a breve a mettere i sigilli su tutti i beni della Geu 1819, mentre è stata convocata per il primo febbraio 2017 l’adunanza dei creditori, che avranno tempo fino al primo gennaio per presentare le loro istanze. Di certo i sigilli di Faina non mettono fine a una storia che lascia molto amaro in bocca (e molti soldi da riscuotere) agli ex lavoratori: parallelamente infatti sulla vicenda che ha portato nel giro di pochissimi mesi dalla cessione del Giornale al fallimento, sono in corso le indagini della Procura della Repubblica di Perugia e dell’Agcom.

Twitter @DanieleBovi

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