di Iv. Por.
«The final countdown», l’ultimo conto alla rovescia, come la canzone degli Europe. Aveva chiamato così Andrea Zampi, il killer del Broletto, il memoriale di 101 pagine con cui annunciava i suoi intenti omicidi, poi messi in atto quel tragico 6 marzo 2013. Sotto i suoi colpi morirono Margherita Peccati, 61 anni, e Daniela Crispolti, 46. I passaggi principali sono pubblicati, insieme a un’intervista al padre di Zampi, sulla Nazione.
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Due copie Come sottolinea il quotidiano, del memoriale scritto al pc sono state trovate due copie: una nella stanza delle due impiegate uccise al Broletto e l’altra nella stanza del killer. «Era indirizzato alla stampa», rivela il padre Giancarlo.
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Arriva la morte Zampi rivela esplicitamente i suoi propositi, partendo dalla coscienza del suo stato di instabilità psichica: «Ora sono malato – scrive – soffro tantissimo e quindi ora pagate l’errore fatto. Voi avete annientato la mia vita, io anniento la vostra». Il riferimento è al presunto stop ai finanziamenti per la sua attività. «Alcuni della Provincia e della Regione – scrive ancora Zampi – abbassano lo sguardo quando mi incontrano. La coscienza parla, dopo che mi hanno massacrato, non è sufficiente, ora arriva la morte». E ancora: «Mi dispiace non entrare in Provincia a terminare chi di dovere». Un astio che si amplia oltre gli enti pubblici: «Io sono avvelenato contro la massoneria, come la politica locale mafiosa, e ho dei buoni motivi, motivi di morte».
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Obiettivo Margherita Peccati Come sottolinea La Nazione, l’obiettivo non è stato scelto a caso. «Mi impongo per raggiungere la mia massima perfezione a terminare solo la Peccati, ma non è sicuro. Quando dico solo la Peccati, dentro di me provo molta rabbia e dolore, anche nella mente cerco di contenere tutto, mi faccio del male nel sopprimere, sarebbe meglio scaricare e quindi starei bene a terminare ulteriori soggetti, perché sono stato colpito da tanti esseri. Dio vuole la terminazione di tutti i responsabili». Poi il delirio prosegue: «Sentite, Peccati, un cognome, un segno, deve prendersi lei tutti i peccati commessi contro me…darò il tempo alla Peccati di dire un Padre nostro e un Atto di dolore se vorrà, con la pistola nascosta e puntata, come loro hanno fatto a me».
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Delirio mistico In molti passaggi i vaneggiamenti si tingono di misticismo, come nelle ultime pagine prima della strage: «Dio, spero di aver fatto la tua volontà. Forse non uccideranno più il prossimo come me. Oggi vedo il cielo e il tuo mistero. Un bel giorno per morire. Padre, nelle tue mani affido il mio spirito. a Testa alta. Tutto è compiuto. Amen. Portami in cielo».
«Vittime della burocrazia» Nell’intervista sempre pubblicata dalla Nazione, il padre Giancarlo spiega il percorso che ha portato quel figlio «fragile» alla condizione di trasformarsi in killer. «Quelle tre morti non sono casuali – dice – è stato il sistema ad ucciderle». Il riferimento è all’accreditamento formativo che sarebbe stato tolto all’agenzia di famiglia, Progetto Moda. Va precisato, a tal proposito, che tutto avvenne a norma di legge, con un’ispezione che rivelò l’assenza dei presupposti e che successivamente l’accreditamento venne concesso di nuovo. A scatenare la rabbia, spiega ora Giancarlo Zampi, fu quel primo provvedimento firmato proprio dalla Peccati sul Bollettino ufficiale della Regione in cui si notificava il ritiro dell’accreditamento. L’inizio di un percorso irreversibile verso l’instabilità psichica, forse aggravato dai trattamenti («a Pisa subì 9 elettroshock», rivela il padre). Poi ancora il no a un finanziamento della Provincia. L’ultima goccia. «Il 5 marzo è andato a comprare la pistoa – dice Giancarlo – e il giorno successivo ha fatto quello che ha fatto». Nella vicenda sono indagati due funzionari di polizia e il medico curante per il rilascio del porto d’armi: l’inchiesta è stata chiusa pochi giorni fa.
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La Regione: «Nessun alibi» Dalla Regione, e in particolare dalla presidente Catiuscia Marini, arriva una netta presa di posizione nei confronti del memoriale e soprattutto dell’intervista. «Nessun alibi a un gesto criminale – dice -. Margherita e Daniela erano persone perbene e di grande umanità, impiegate serie e non il volto della burocrazia». Il problema, insomma, era tutto nell’instabilità psichica di Zampi e nei problemi oggettivi in relazione all’accreditamento dell’impresa. «Si tende a dimenticare le vittime – conclude Marini – e invece noi vogliamo ricordarle insieme a tutti gli altri impiegati pubblici perbene». Per Margherita e Daniela verrà apposta una targa ricordo il 6 marzo prossimo, in occasione dell’anniversario della strage, in una cerimonia cui presenzierà anche la presidente della Camera, Laura Boldrini.
peccato che han pagato 2 poveracce e non i veri colpevoli