di Chia.Fa.
Annullata l’ordinanza antipiccione del Comune di Città di Castello. Il Tar dell’Umbria ha accolto il ricorso presentato dall’associazione Vittime della caccia che di fronte ai giudici amministrativi ha impugnato l’atto firmato l’aprile scorso dal sindaco Luciano Bacchetta col quale al fine di tutelare i livelli igienico-sanitari e salvaguardare i beni culturali è stato consentito l’abbattimento dei colombi attraverso armi da fuoco, nei luoghi dove è naturalmente consentita l’attività venatoria.
Annullata l’ordinanza antipiccione Il municipio non si è costituito in giudizio, al pari di Federcaccia chiamata pure in causa dall’associazione ambientalista rappresentata dall’avvocato Massimo Rizzato. In ogni caso il collegio (presidente Fantini, consiglieri Santini e Amovilli) ha rilevato come nell’ordinanza del sindaco i piccioni di città non siano stati riconosciuti come fauna selvatica, come invece sono pacificamente classificati dalla giurisprudenza in quanto «vivono in stato di libertà naturale e quindi risultano soggetti al sistema di tutele di cui alla legge 157 del 1992».
Sentenza del Tar dell’Umbria In questo senso il Tar dell’Umbria rileva una violazione dell’articolo 19 ossia sulle procedure previste, secondo le quali è «prima necessario ricorrere a metodi ecologici di contenimento del fenomeno e soltanto una volta falliti è possibile, in seconda battuta, l’adozione di piani di abbattimento da realizzare, in ogni caso, per mano di guardie venatorie appositamente preposte» e non di chiunque disponga della licenza di caccia. Ergo: l’ordinanza antipiccione è da riscrivere al pari dei metodi di contrasto della presenza.
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