di Massimo Colonna
Tornano liberi i quattro operai dell’Ast finiti agli arresti domiciliari una settimana fa nell’ambito dell’inchiesta Acciaio sporco. Questa la decisione del giudice per le indagini preliminari Maurizio Santoloci che ha così accolto le richieste presentate dalla difese dei quattro al termine dell’ultima udienza, quella relativa agli interrogatori di garanzia. Restano invece le misure già emesse a carico degli altri quattro finiti agli arresti, ossia un autotrasportatore ternano e i tre rappresentanti dell’azienda di Bergamo ritenuti il fulcro di quella che la procura ritiene sia l’associazione a delinquere messa in piedi ai danni di Ast.
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Parlano gli inquirenti
La decisione Il gip Santoloci dunque nel primo pomeriggio di venerdì ha notificato la sua decisione in merito alla convalida delle misure cautelari. Il tutto dopo che mercoledì pomeriggio tutti e otto gli arrestati, i cinque ternani e i tre di Bergamo, erano saliti al terzo piano del tribunale di Terni per rispondere alle domande di gip e pubblico ministero, ossia Elisabetta Massini, in un colloquio complessivamente durato un paio d’ore.
Approccio costruttivo Proprio a seguito di quel confronto, il primo tra accusa e difesa dopo le ordinanze di arresto, ecco arrivare le decisioni del gip che sono state prese in sintonia proprio con il sostituto procuratore Massini. I quattro operai Ast, che proprio durante gli interrogatori avevano tenuto un atteggiamento che i presenti avevano definito «costruttivo», dunque ‘escono’ dai domiciliari, proprio come richiesto dai loro difensori, i legali Emidio Gubbiotti, Enrico De Luca e Luigi Fiocchi.
Silenzio da Bergamo Restano invece ai domiciliari gli altri quattro finiti arrestati: per tutti, anche per gli altri 9 denunciati a piede libero, le accuse sono di associazione per delinquere, truffa aggravata, corruzione tra privati continuata e aggravata, frode nell’esercizio del commercio. Anche perché nel frattempo, sempre nell’ambito degli interrogatori di garanzia, i tre rappresentanti della ditta lombarda coinvolta si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Secondo l’accusa i coinvolti avrebbero messo in piedi, a vario titolo, una associazione per truffare Ast, consegnando alla multinazionale materiale ferroso non corrispondente a quanto fissato dalla legge in quanto a percentuali di nichel e cromo. Il tutto sfruttando anche la complicità di qualche uomo nei punti chiave tramite mazzette.
Twitter @tulhaidetto