Franco Mangialardi

di M. To.

Mentre gli autobus che portano la delegazione ternana al parlamento europeo di Bruxelles percorrono gli ultimi chilometri e si discute sulla presa di posizione del blog di Beppe Grillo sulle manganellate ai lavoratori, torna a proporsi un tema decisamente controverso, oltre che complesso. Ma sicuramente sarà uno di quelli che, nelle prossime settimane, registreranno commenti e analisi. Anche perché è tra quelli utilizzati dalla Fiom Cgil per motivare il prossimo sciopero nazionale.

LA VERTENZA AST

Acciaio di Stato Il leader del sindacato, Maurizio Landini, lo ha detto senza mezzi termini: «Se non vogliamo svendere o regalare la siderurgia agli stranieri è indispensabile che lo Stato faccia la sua parte. Con il presidente del Consiglio Renzi abbiamo posto questo problema, che è il perno di qualunque strategia di politica industriale e il premier si è detto disponibile a un confronto».

L’Ast Inevitabile pensare che una teoria analoga è stata, da tempo, ipotizzata per le acciaierie di Terni. L’aveva annunciata Franco Mangialardi: una public company (‘Terni acciai speciali e fucinati’, è il nome) che, aveva spiegato, poteva «permettere alla città di presentarsi ai tavoli di trattativa finalmente con una proposta concreta da contrapporre al piano di ThyssenKrupp». Ma la cosa non era piaciuta a molti.

Il compromesso Lui, però, dice che «non accettare il piano industriale proposto da ThyssenKrupp va bene, ma poi che si propone? Impensabile uno ‘sciopero per sempre’, una ‘mobilitazione continua’ e, quindi. si dovrà andare ad un compromesso. Ma temo che sarà fatto al ribasso, senza raccontare alla gente, ai lavoratori, la verità. Perché errori ce ne sono stato, soprattutto da chi ha spesso voluto non sentire le argomentazioni di chi invitava a riflettere su Ast e sulle problematicità con cui si confrontava e andava a confrontarsi».

La confessione Ma, senza preavviso, arriva la confessione: «Io sono stato sconfitto – dice Mangialardi – e per questo ho deciso di farmi da parte, tornando ad occuparmi delle altre cose che, per amore di una città che ho imparato a sentire mia, avevo trascurato».  E il progetto? «Se vorranno, e credo che vorranno, potranno portarlo avanti le persone con le quali ho collaborato in questi mesi. Se il problema ero io, adesso forse se ne potrà ragionare con serenità. Ho letto ed ascoltato commenti che, per chi come me non aveva altro obiettivo che il riscatto di una comunità messa letteralmente alla berlina, paragono, e lo dico con grande umiltà, a quelle manganellate ricevute dagli operai».

La public company Quel riscatto di cui parla Mangialardi avrebbe potuto avere inizio, secondo lui e non solo, con la public company: «Della quale, però, lo stato doveva, e dovrebbe, essere il componente essenziale e decisivo – spiega lui – ma non nel vecchio, stantio e sostanzialmente inutile, ruolo di sostenitore passivo, ma con un ruolo moderno e decisivo».

Il progetto Naturalmente, ricorda infatti Mangialardi, «la public company locale avrebbe dovuto e potuto operare in sinergia con il ‘Fondo strategico italiano’ e puntare, in un triennio, al 60% di Ast, per poi «valutare la possibilità di realizzare joint venture» con altri player internazionali, oppure «la vendita» o, ancora, «la quotazione in Borsa». Ma la cosa non è piaciuta a molti.

Cecconi A Marco Cecconi, consigliere comunale di FdI-An, invece, quell’idea continua a piacere: «Accettare la proposta-capestro del governo-che-non-c’è – dice – significa aprire la strada ad un altro epilogo tipo il magnetico: ci porteranno via tutto e questa volta sarà per sempre. Da Terni a Roma, passando per Perugia, dai vertici delle istituzioni nessuna difesa degli interessi nazionali, nessuna politica industriale, nessuna apparente consapevolezza dell’effettiva strategicità della siderurgia e dell’irrinunciabilità dell’inossidabile per il sistema-Paese».

LA STORIA DI AST IN UN MINUTO

Intervento diretto Secondo Cecconi, invece, «una possibilità di intervento diretto da parte dello Stato esiste. E passa attraverso l’acquisizione di una parte delle quote delle acciaierie, utilizzando strumenti finanziari che abbiamo già a disposizione, come il Fondo strategico italiano. È stato detto mercoledì alla Camera, durante il dibattito che ha fatto seguito alle comunicazioni del ministro Guidi e ci auguriamo che si tratti di una voce che non resti isolata. Di fronte a situazioni eccezionali come questa, si abbia il coraggio e la fantasia di improntare strumenti altrettanto eccezionali. E non si abbandonino le acciaierie ternane davanti ai cancelli di un ambasciatore tedesco qualunque».

De Vincenti Torna a parlare di Ast, intanto, anche il vice ministro allo sviluppo economico, Claudio De Vicenti: «Su Ast oggi il nodo che si pone non è quello di un intervento pubblico, ma il fatto che Thyssen deve dare un futuro produttivo allo stabilimento di Terni, deve garantire che le sue capacità produttive siano salvaguardate. Abbiamo ottenuto la disponibilità di Thyssen che verificheremo dopodomani nell’incontro già convocato al Mise con azienda e sindacati». Interessante un passaggio: «Non sono esclusi in alcune situazioni – dice De Vincenti – interventi del Fondo strategico con l’obiettivo di creare le condizioni per catalizzare intorno a quella impresa le capacità imprenditoriali e le risorse private che in altri casi come Ansaldo Energia hanno avuto effetto di far arrivare capitali».

Salta la visita di Renzi La nuova puntata della commedia registra un nuovo dietro-front: il presidente del consiglio Matteo Renzi – di cui si era vagheggiata una visita a Terni nella giornata di giovedì, sembra aver di nuovo rinviato l’occasione per ‘respirare un po’ di puzza di fabbrica’, come gli era stato proposto durante lo sciopero generale cittadino. Magari arriverà a trattativa avviata verso la conclusione.

Il ‘Fondo strategico italiano’ È una holding di partecipazioni creata per legge – di cui il gruppo Cassa depositi prestiti detiene l’80%, mentre il restante 20% è della Banca d’Italia – e che dispone di un capitale sottoscritto e versato pari a 4,4 miliardi di euro. Si definisce
«un operatore istituzionale che acquisisce quote prevalentemente di minoranza in imprese di ‘rilevante interesse nazionale’ in situazione di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale e che abbiano adeguate prospettive di redditività e di sviluppo, idonee a generare valore per gli investitori».

Questo contenuto è libero e gratuito per tutti ma è stato realizzato anche grazie al contributo di chi ci ha sostenuti perché crede in una informazione accurata al servizio della nostra comunità. Se puoi fai la tua parte. Sostienici

Accettiamo pagamenti tramite carta di credito o Bonifico SEPA. Per donare inserisci l’importo, clicca il bottone Dona, scegli una modalità di pagamento e completa la procedura fornendo i dati richiesti.