Il Comune di Orvieto

«In Umbria la legge 194 e le linee di indirizzo nazionali sull’aborto farmacologico che ne sono scaturite, non vengono ancora applicate. In molti comuni della regione e, soprattutto, nelle due città più grandi dell’Umbria, Perugia e Terni, gli ospedali universitari non hanno mai iniziato la somministrazione della Ru486 per le interruzioni volontarie di gravidanza, a Terni non è possibile effettuare nemmeno l’interruzione chirurgica». Un estratto della mozione presentata lo scorso 10 marzo in consiglio comunale a Orvieto con la quale il Partito democratico chiedeva al sindaco e alla giunta di attivarsi «affinché tutti gli ospedali della regione possano garantire la somministrazione dei farmaci per l’aborto medico». La mozione non passa: respinta con otto contrari e tre favorevoli. Sindacato monta la polemica: «Cancellati anni di lotte per i diritti».

Stop in consiglio La mozione impegnava il sindaco e la giunta comunale anche ad attivarsi per garantire «la privacy, con orari, strutture e personale adeguato e formato – come si legge nel documento -; a garantire la laicità dei consultori, vigilando anche sull’adeguatezza in termini di personale, strutture e competenze scientifiche per seguire la gravidanza e l’interruzione di gravidanza; a implementare i servizi consultoriali laddove necessario e promuovere campagne di informazione e di educazione sessuale e sentimentale da parte di operatrici ed operatori qualificate/i e specializzate/i e a garantire alle cittadine umbre l’impegno affinché possano avere finalmente facile accesso a tutte le forme più moderne di contraccezione e che i consultori possano fornirgliele gratuitamente». Intanto sempre il Partito democratico ha puntato gli occhi anche sul consultorio di Orvieto: «Manca il ginecologo». La questione sbarca in consiglio e il sindaco Roberta Tardani risponde di essersi già attivata per il ripristino del servizio.

Aborto A illustrare la mozione è stato di Federico Giovannini (Pd): «Ad aggravare il quadro dell’accesso all’Ivg e alla contraccezione – spiega – c’è una contingente difficoltà per i più giovani ad informarsi, i consultori sono poco conosciuti con il 68% dei ragazzi e il 76% delle ragazze che non hanno mai avuto accesso a queste strutture». Ma l’argomentazione del Dem non convince comunque il consiglio comunale: «La mozione non può essere accolta e oggi è strumentale per due motivi – dice il primo cittadino – fa riferimento ad una norma della Regione ormai superata dal momento che l’unico riferimento sono le linee guida del Ministero, e poi perché gran parte delle prerogative indicate nel documento non sono attribuibili al sindaco». Oggi, il coordinamento orvietano della Cgil dice la sua: «La decisione assunta a maggioranza dal consiglio comunale – scrivono dal sindacato in una nota – non solo cancella di fatto anni di lotte per il diritto all’aborto, ma travisa e disattende la stessa legge 194 il cui spirito è quello di favorire nei cittadini e nelle cittadine la consapevolezza in merito alla propria vita sessuale e alla gravidanza, attraverso la promozione dell’educazione sessuale e socio affettiva e il potenziamento dei servizi consultoriali».

Sindacato «Da anni – riprende la nota – nel Comune di Orvieto mancano nelle scuole gli interventi degli operatori del consultorio, un servizio ormai depotenziato e sconosciuto soprattutto agli e alle adolescenti, cui bisognerebbe, invece, offrire una corretta educazione sessuale e socio affettiva, un’ informazione sanitaria sulle malattie veneree, tutti gli strumenti e le conoscenze per prevenire gravidanze indesiderate, ma anche il supporto medico e psicologico nella difficile scelta di una eventuale interruzione». Per la Cgil di Orvieto è ora di dire basta agli attacchi alla libertà delle donne: «Quella in atto è una campagna volta non solo a colpire l’autodeterminazione della donne ma a minarne la stessa salute, riportando in auge gli aborti clandestini, o, per chi se lo può permettere, spingendo al ricorso alle cliniche private. La legge 194 – conclude il sindacato orvietano – va difesa in ogni sua parte e le donne e gli uomini della Cgil intendono farlo».