di Elle Biscarini e Giorgia Olivieri
C’è chi lo considera «un giorno come un altro», chi, invece, un vero simbolo della «liberazione delle donne». La Giornata internazionale delle donne, tradizionalmente celebrata l’8 marzo, riesce ad assumere connotazioni diverse tra generazioni a confronto. Umbria24 ha raccolto le opinioni di donne e ragazze sul valore che questa ricorrenza ha per loro, oltre al contributo di Ambrogio Santambrogio, docente di Sociologia all’Università degli studi di Perugia.
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Giovani donne Tra le studentesse dell’Università di Perugia è diffusa la visione che la Giornata sia sì «un giorno per ricordare l’importanza delle donne – come spiega Sara che studia Scienze della comunicazione – tutti i giorni si sente parlare della violenza che subiscono, della loro condizione lavorativa, quindi è importante che ci sia una giornata per ricordare questo». Aziza, studentessa di origine etiope, spiega che nella sua cultura d’origine «queste ricorrenze non erano presenti, da quando sono venuta in Italia abbiamo cominciato a metterlo a fuoco e per me è un giorno significativo». C’è anche chi però sostiene che, nonostante la sua importanza, l’8 marzo sia «diventato molto commerciale»: non mancano, infatti, le giovani che associano la ricorrenza alla serata in discoteca, alla cena tra amiche e alla mimosa regalata. Proprio quella mimosa «pianta molto delicata, che si rovina con il freddo, credo che possa rappresentare bene le donne», dice ancora Sara.
Addio 8 marzo È persino auspicabile che scompaia se deve avere solo un valore simbolico «sarà una vera festa quando non ci sarà più», è il pensiero di Alessia, studentessa di Scienze della comunicazione, «si dovrebbe esprimere la gioia dell’8 marzo tutti i giorni». Il messaggio condiviso è «non bisogna limitarsi a una ricorrenza ma che il rispetto per le donne non abbia più necessità di essere rivendicato». Così Pina: «Un giorno non vale niente, a partire dal lavoro, una donna deve dedicarsi il doppio rispetto agli uomini, perché non viene mai remunerata allo stesso livello, né riesce a salire di grado, sarebbe il caso che le venga rivolto un impegno maggiore da parte delle istituzioni che hanno la facoltà di fare qualcosa in più». Il rischio è che si scada nella ricorrenza istituzionale «quasi obbligata» dice Ambrogio Santambrogio, professore di Sociologia del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Perugia, «è invece l’occasione per confrontarsi – continua – su temi importanti che vanno oltre la mimosa, e riguardano parità di diritti e di opportunità, violenza di genere, rispetto per tutte le persone». O, ancora, rischio che sia un appuntamento «commerciale», secondo le nuove generazioni che avvertono: «Siamo nel 2023, non siate bigotti».
La storia Una ex ginecologa in pensione racconta a Umbria24 la sua storia di lotta contro le imposizioni di genere: costretta a scegliere tra il fare la maestra o la ragioniera, decise invece di diventare medico «ma avrei dovuto aspettare il risultato da un radiologo per fare una mammografia». Quindi porta a termine gli studi anche in radiologia: «Ai miei tempi, però, il seno era lasciato proprio in fondo, negli studi di radiologia. Allora sono andata a Strasburgo, a studiare senologia, lasciando una settimana al mese mio marito e due figli piccoli a casa». L’8 marzo, conclude, bisogna «dimostrarlo tutti i giorni a casa tua, questa qui è una pu**anata commerciale, sei tu l’8 marzo, ricordalo sempre».