Il palazzo della Provincia

di Daniele Bovi

Nel 2024, dieci anni dopo la loro abolizione stabilita con la tribolata riforma Delrio, i cittadini potrebbero tornare a votare per eleggere presidenti e consiglieri provinciali, oggi scelti con elezioni di secondo livello da sindaci e consiglieri comunali. Giovedì infatti il comitato ristretto della commissione Affari Costituzionali del Senato, formato da un rappresentante per ogni gruppo, ha definito una bozza per un testo base sulla riforma delle Province. Disegno di legge che ha davanti a sé un percorso lungo e complicato, dall’esito tutt’altro che scontato. Il testo infatti dovrà prima approdare in commissione per l’esame e da lì, dopo l’eventuale via libera, inizierà l’iter parlamentare.

PERUGIA, REGIONE E PROVINCIA TROVANO L’ACCORDO SUI SOLDI

La riforma La bozza ha unificato le nove proposte presentate dai diversi gruppi. Il ddl visionato da Umbria24 è lungo 14 pagine ed è formato da 15 articoli che dettano le «disposizioni in materia di funzioni, organi di governo e sistema elettorale delle province e delle città metropolitane». La bozza prevede il ritorno all’elezione diretta del presidente e dei consiglieri nel «primo turno elettorale ordinario successivo alla scadenza dei consigli provinciali in carica». In caso di approvazione, quindi, tenendo conto che il mandato biennale dei due consigli provinciali di Perugia e Terni scadrà a fine 2023, nella maxi tornata elettorale del 2024 – anno in cui andranno al voto oltre 60 Comuni in primavera e la Regione in autunno – potrebbero essere inserite anche le Province.

Assessori e consiglieri I numeri di assessori e consiglieri sono stabiliti sulla base della popolazione. Il presidente di quella di Perugia potrebbe nominare sei assessori mentre a Terni si scenderebbe a quattro, con l’obbligo di scegliere almeno un 40 per cento di donne; a Perugia invece ci sarebbero 24 consiglieri (più dei 20 che siedono in Regione quindi) e 20 a Terni. Attualmente invece non ci sono gli assessori e i consiglieri sono 12 a Perugia e 10 a Terni.

Legge elettorale Per quanto riguarda il meccanismo elettorale, la circoscrizione coincide con il territorio provinciale ed è divisa in collegi che assegnano da un minimo di 3 a un massimo di 8 seggi. Il presidente sarà eletto al primo turno purché raggiunga almeno il 40 per cento dei voti (e non il 50 per cento più uno come accade per i sindaci), altrimenti scatta il ballottaggio due settimane più tardi; secondo turno che, stando alla proposta presentata dalla destra in Parlamento, potrebbe saltare per i sindaci in caso un candidato ottenga il 40 per cento. La bozza di riforma poi non prevede la possibilità del voto disgiunto, obbliga di candidare almeno un 40 per cento di donne e stabilisce l’incompatibilità tra assessori e consiglieri, dando così la possibilità ai primi dei non eletti di essere “ripescati” aula.

Funzioni Ma di cosa si occuperanno le “resuscitate” Province e con quali risorse? Il tema è ovviamente delicatissimo. Nel ddl si parla delle Province come di «enti di area vasta» che esercitano alcune «funzioni fondamentali», come «adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio provinciale», «pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza», organizzazione di servizi pubblici, trasporti, «promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale», «promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito provinciale», raccolta ed elaborazione di dati, rete e edilizia scolastica e, da ultimo, «controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale».

Risorse e polemiche E con quali soldi? Secondo il ddl il Governo in caso di via libera avrà un anno e mezzo di tempo per adottare «uno o più decreti legislativi aventi a oggetto le funzioni e il sistema di finanziamento delle province e delle città metropolitane». Questo è uno dei punti più criticati dalle opposizioni, che parlano di un testo concepito essenzialmente come un meccanismo per collocare rapidamente personale politico e conquistare una trentina di enti ora in mano al centrosinistra. Prima, secondo le opposizioni, vanno chiariti con precisione aspetti come funzioni e risorse, per evitare di trovarsi di nuovo in difficoltà. «Restituiremo ai cittadini – ha detto invece il senatore di FdI Marco Silvestroni – la possibilità di esprimere di nuovo la propria scelta sui rappresentanti. Le Province sono enti di prossimità con i quali i cittadini devono poter interloquire e devono dunque poter scegliere direttamente, in questo modo ripristineremo un pezzo di democrazia purtroppo abolito».

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