Walter Novellino

di Mario Mariano

Si metabolizza tutto, vittorie e sconfitte, ma ciò che fa più male è l’indifferenza. Sono passate più di 36 ore dal pareggio del Braglia, ma Novellino più che di calcio vuole tornare a parlare del prima e del dopo la partita con il Perugia. Una premessa non secondaria: la telefonata stavolta è partita dal cellulare dell’intervistato: «Di quel mancato applauso dei tifosi del grifo, ne avrò memoria per un pezzo – attacca Walter – ne ho parlato a caldo per togliermi un sassolino dalle scarpe, ma con il passare delle ore il dispiacere se possibile è aumentato, fino a diventare una pietra che ho sullo stomaco».

L’affondo A tutto c’é una spiegazione, basterebbe scavare un po’, chiedere in giro per capire come sono andate le cose. «Non scherziamo, io non ho nulla di cui pentirmi o giustificarmi. Sono offeso, punto e basta. Non ho accuse da muovere a chicchessia, ciascuno è libero di comportarsi come crede. Avessi avuto un atteggiamento polemico, magari anche solo per aver ingenerato un equivoco, potrei stare qui a chiarire, e invece tutto è filato via liscio. Abbracci con tutti, a cominciare da Camplone, fino all’ultimo calciatore che era in panchina. Il clima in campo era di festa perché il Perugia si è reso conto di aver rischiato e questo debbono averlo capito anche i tifosi».

Il mio impegno per la rinascita Lo aveva detto in mille salse alla vigilia, che il tradimento al grifo sarebbe durato lo spazio di una notte. Ma Walter non sente ragione: nessuna voglia di metterci una pietra sopra. Magari ciò che Novellino ha rappresentato come calciatore le nuove generazioni non lo percepiscono, loro hanno altri modelli di riferimento. «Posso accettare anche questo ragionamento, ma chi era a Modena di sicuro era anche alla sala dei Notari quando si provava a far rinascere il Perugia. Io c’ero e non avevo certo interessi da salvaguardare. Damaschi ed Arcipreti vennero a casa mia a chiedermi di metterci la faccia. Ricordi? Anche tu mi sollecitasti a non tirarmi indietro, ho buona memoria per ricordare per filo e per segno ciò che mi convinse a rimboccarmi le maniche, a fare centinaia di telefonate per allacciare rapporti con società ed amici. Perugia mi ha dato tanto ed era venuto il momento di restituire qualcosa. Lo feci d’istinto e senza calcoli. Sul sito della nuova Società venne anche scritto che ero il consulente del Presidente e di li a poche settimane venni deferito: come allenatore professionista avrei solo potuto andare in tribuna a vedere le partite».

Mi sono pagato l’avvocato Te la cavasti con poco, una multa ed una breve squalifica. «Dovetti andare a Firenze con l’avvocato Grassani, e rinfacciato non sia, la ricca parcella me la pagai da solo, anche questo ci tengo a ricordarlo. Non ho rivendicazioni da fare, chi deve sapere cosa ho fatto per la causa del grifo lo sa e tanto mi basta». Nulla da aggiungere sulla partita? «No, è stato detto tutto. La partita dura 90 minuti , poi si volta pagina. In Italia non c’è cultura sportiva, si privilegia l’attimo, non si salvaguardano i valori, i sentimenti, il senso di appartenenza. Le persone che hanno lavorato per una azienda, vanno salvaguardate, considerate un patrimonio da custodire. Basterebbe guardare cosa hanno fatto a Lampard domenica i tifosi del Chelsea: un uragano di applausi. Da noi l’ex si fischia a prescindere. Perugia non è diversa da nessuna altra piazza. Se non sbaglio anche Cosmi, che pure aveva fatto miracoli quando venne al Curi con il Genoa, venne fischiato».

Un’altra possibilità Allora appuntamento alla partita di ritorno, magari ci scappano gli applausi con gli interessi. «La gente è portata a pensare che chi opera nel calcio pensa solo all’ingaggio, e sbaglia. Nella spirale dei soldi ci si finisce quando ci si accorge che i sentimenti valgono solo in certi momenti: comportamenti altalenanti, contraddittori riescono a rendere impermeabile quanti operano nel calcio. Prima o poi anche questa delusione passerà ed avrà avuto ancora una volta ragione mia moglie che mi rimprovera sempre dicendomi che sono un sentimentalone».