L'Olanda contro la Germania

Prosegue il percorso di avvicinamento di Umbria24 ai Campionati mondiali di calcio, che partiranno il 12 giugno. Vivremo il countdown con 11 puntate dello speciale ‘Aspettando Brasile 2014′: un percorso tra storia, aneddoti, curiosità con la speranza che sia di buon auspicio per gli Azzurri

ASPETTANDO BRASILE 2014: TUTTE LE PUNTATE

BRASILE 2014: CALENDARIO COMPLETO

di Leo Forleo

Quante volte ci siamo lasciati tentare dal gioco di individuare la squadra più forte della storia del Calcio. E quante volte, soprattutto in questo periodo di vigilia dei Mondiali, abbiamo provato a immaginare e decidere quale fosse la Nazionale più forte della storia dei Campionati del Mondo di calcio. Non c’è che dire: essendo noi tifosi un popolo di sognatori, non ci è difficile fantasticare su questi argomenti.

Personalmente, anche a me è capitato di cedere alla tentazione di scegliere la squadra dei miei sogni o eleggere quella più forte di sempre: poi, avendo un debole (devo ammetterlo) per le sconfitte, mi sono sempre ritrovato a pensare a grandi squadre accostandole a incredibili e impensabili sconfitte. Sì, perché anche la sconfitta ha un suo fascino particolare, a volte romantico, e quando ti capita di vedere dei tifosi che, anche se sconfitti, applaudono la propria squadra e sventolano i propri vessilli (questo in Italia, purtroppo, non succede spesso e la recente cronaca ce lo testimonia), ti rendi conto come anche loro siano vincitori e di quanto bello possa essere lo sport.

E così, confinando questo “gioco” ai Mondiali di Calcio e, quindi, alle Nazionali, come non ricordare la squadra che, ai miei occhi, è stata la più forte di tutte, una Nazionale che poteva schierare almeno nove undicesimi di veri e propri fuoriclasse, campioni che facevano sognare a occhi aperti, una squadra che però non arrivò nemmeno alle Semifinali di quel, per noi italiani, indimenticabile Mundial di Spagna del 1982 e che era la Nazionale del Brasile. L’allenatore, il mitico Telé Santana, pur di non rinunciare ad alcuni dei suoi uomini più forti, li faceva giocare anche fuori ruolo ma, effettivamente, aveva allestito una squadra da sogno: Cerezo, Junior, Falcao, Zico, il capitano Socrates, Edinho, Oscar, Leandro, Luisinho erano giocatori da favola che giocavano un calcio iperoffensivo, ultra moderno rispetto al calcio che esprimevano le squadre del continente europeo e che si rivelò nella sua bellezza e, ahi loro, inevitabile fragilità. Quella squadra meravigliosa aveva vinto largamente il suo girone a punteggio pieno (vittorie con URSS 2-1, con Scozia 4-1 e con Nuova Zelanda 4-0 schierando -in quest’ultimo match- tutti i titolari verdeoro nonostante la nazionale sudamericana fosse già aritmeticamente qualificata al turno successivo) ed era stata inserita, nel girone successivo, con i Campioni in carica dell’Argentina di Maradona e con la piccola Italia di Bearzot. Nel derby sudamericano non ci fu storia e, con le reti di Zico, Serginho e Junior, i brasiliani se lo aggiudicarono per 3 a 1. Grazie al gol in più segnato rispetto agli italiani (che avevano a loro volta battuto gli argentini ma per 2 a 1), nella sfida decisiva con gli Azzurri, al Brasile bastava un pareggio per volare in Semifinale. E invece, quel 5 Luglio al vecchio Sarrià di Barcellona, si scatenò Paolo Rossi che con la sua famosissima tripletta affondò la corazzata brasiliana. Eppure, in quell’indimenticabile sfida, ad un certo punto i brasiliani avevano rimontato segnando con Falcao il 2 a 2: a quel punto, potevano tranquillamente accontentarsi e controllare la sfida, invece, o con superbia e presunzione oppure con la naturalezza di una squadra che sapeva solo attaccare (a seconda dei punti di vista), continuò col suo gioco offensivo lasciando delle chances agli azzurri che le seppero cogliere e, come detto, vinsero quella sfida memorabile. Ecco, quel Brasile, per i conoscitori e appassionati di calcio, è una delle nazionali più forti della storia del calcio, più forte sicuramente dello stesso Brasile che nel 1994 e 2002 vinse i Mondiali, forse seconda solo al mitico Brasile del 1958 (Garrincha, Didì, Vavà, Pelè, …).

Ma la squadra, secondo me, in assoluto la più forte e, per certi versi, la più affascinante della storia dei Mondiali di Calcio è la leggendaria nazionale dell’Olanda del 1974, capitanata da quel campione che risponde al nome di Johan Cruijff.

In quegli anni, in Europa, un nuovo modello di calcio si stava imponendo all’attenzione di tutti per lo spettacolo che sapeva fornire e per gli strepitosi risultati che riusciva ad ottenere: era il “calcio totale” olandese che trovò proprio in quella nazionale dei Mondiali del 1974 la sua personificazione e consacrazione. Da 4 anni (dal 1970 al 1973) la Coppa dei Campioni era vinta da squadre olandesi: il Feyenoord che vinse nel 1970 ed il mitico Ajax dal 1971 al 1973. Di quella strepitosa squadra, come della nazionale, Cruijff ne era la stella.
Il centrocampista olandese, da alcuni ritenuto tra i tre calciatori più grandi della storia di questo sport, aveva un talento immenso supportato da qualità fisiche non indifferenti ed una personalità da vero leader. Oltre ad aver trionfato in patria con i lancieri di Amsterdam, con il suo club aveva trionfato in Europa, come detto, nella Coppa dei Campioni degli anni 1971-72-73, ed aveva vinto nel ‘71 e ‘73 il Pallone d’oro (che avrebbe rivinto proprio in quell’indimenticabile 1974).

Ma, forse, il personaggio che, più di tutti, ha segnato la storia del club di Amsterdam e, poi, della nazionale arancione fu l’allenatore Michels, inventore di quel modulo di gioco, il “calcio totale” appunto, che avrebbe influenzato il calcio futuro dagli anni Novanta in poi. In questo modulo ogni calciatore può assumere qualsiasi ruolo e può venire rimpiazzato, nel suo, da un compagno di squadra: così, quando il terzino diventa ala, un centrocampista diventa terzino ed un attaccante rimpiazza il centrocampista, ecc. Un modulo che, quindi, presupponeva che tutti gli undici in campo fossero dei veri e propri atleti e avessero una tecnica di base notevole. L’allenatore Michels, con questo modo di far giocare le proprie squadre, aveva trionfato con il suo Ajax sia in Olanda che in Europa ed aveva continuato a meravigliare in Spagna alla guida del Barcellona. Ma, nel 1974, la federazione olandese lo chiama a guidare la nazionale ai Mondiali di Germania e Michels non si tira certo indietro ed arriva a sfiorare l’impresa di vincere quei Campionati del Mondo. La nazionale olandese sarà l’autentica rivelazione di quel Torneo: dopo aver vinto agevolmente il proprio girone della prima fase a gruppi con le vittorie su Uruguay e Bulgaria ed il pareggio con la Svezia, sbalordisce tutti nella seconda fase a gruppi. Infatti, gli Orange, inseriti in un girone “impossibile” con Brasile, Argentina e Germania Est, giocando un calcio sensazionale e mai visto prima, surclassano tutti: 4 a 0 all’Argentina con doppietta di Crujiff, 2 a 0 alla Germania Est e stesso risultato al Brasile nel match che decideva l’ingresso in Finale, visto che anche il Brasile aveva vinto le due proprie partite con argentini e tedeschi.

In finale, gli Olandesi si trovano ad incontrare proprio i padroni di casa della Germania Ovest ritenuti, all’inizio del Torneo, i favoriti alla vittoria finale e non certo felici di incontrare un avversario così in forma ed in grado di qualsiasi risultato. Quel 7 Luglio, nel nuovo, splendido impianto dell’Olympiastadion di Monaco di Baviera, davanti a 80 mila spettatori, tedeschi ed olandesi danno vita ad un match storico. L’inizio, per i padroni di casa, è da incubo: sono gli olandesi di Cruijff a battere il calcio d’inizio e per un lungo minuto tengono palla; poi è proprio il capitano, con il suo mitico numero 14, ad affondare fin dentro l’area di rigore e ad essere fermato fallosamente. Rigore! I tedeschi non hanno ancora toccato palla, incredibile! E’ l’altra stella della nazionale olandese, Neeskens, ad incaricarsi di tirare e realizzare. E’ 1 a 0. Ma si sa, i tedeschi son tedeschi, e con la loro ostinazione, con il loro valore ed orgoglio riescono a ribaltare il risultato fin dal primo tempo, con le reti di Breitner (ancora su rigore) e del solito Muller. Il secondo tempo è un vero e proprio assedio da parte della nazionale olandese che deve, comunque, concedere delle occasioni in contropiede agli avversari, ma che attacca incessantemente e sfiora il gol a più riprese. Quella finale finisce, però, 2 a 1 per la Germania Ovest che si laurea, per la seconda volta, Campione del Mondo.

Per gli olandesi è un vero peccato, è un sogno che svanisce proprio sul più bello. Ma, quasi inaspettatamente, la squadra di Rinus Michels viene accolta da trionfatrice al rientro in patria: gli olandesi sono orgogliosi di quel che ha fatto la propria nazionale, tutto il mondo ne parla e le gesta di Cruijff e compagni vanno quasi ad oscurare i campioni tedeschi. La nazionale di calcio olandese saprà così ripartire dopo quella cocente delusione, saprà arrivare, forte e competitiva, 4 anni più tardi ai Mondiali in Argentina e, seppur priva della sua stella Johan Cruijff e pur non giocando un calcio spettacolare come quello dei primi anni Settanta, arriverà per la seconda volta consecutiva in Finale. Ma, per la seconda volta consecutiva, si troverà di fronte ancora i padroni di casa, questa volta dell’Argentina. Ma questa è un’altra storia.

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