di Daniele Bovi
Sebbene il suo nome sia sostanzialmente sconosciuto al grande pubblico, Vincent van Hessen è una di quelle pedine che fanno di Umbria Jazz uno dei festival jazz più amati al mondo. Lui, insieme a tanti altri colleghi, è uno di quei musicisti che durante i giorni di luglio anima ogni angolo del centro storico di Perugia, delle sue piazze, delle sue vie, dei suoi bar e dei suoi ristoranti. Strade dove si incontrano le storie più diverse, dove si annodano fili come quelli che, nel caso di van Hessen, hanno legato lui al festival. Tony Bennett a luglio comprò il disco di una flautista che suonava lungo Corso Vannucci, a non troppa distanza dal Nostro probabilmente. Il chitarrista, cantante e songwriter olandese è un busker, un artista di strada così bravo da aver colpito il direttore artistico di Umbria Jazz Carlo Pagnotta che ha deciso di offrigli un ingaggio per l’edizione invernale del festival, che si apre mercoledì a Orvieto.
Tutti i giorni a Orvieto Per chi vorrà conoscere van Hessen e ascoltare la sua musica, l’appuntamento è fino al 3 gennaio, tutti i giorni, a Il Malandrino bistrot e a palazzo dei Sette. A poche ore dal suo primo concerto orvietano van Hessen ha raccontato la sua storia a Umbria24. «Il 2015 – spiega – non è stato il mio primo anno a Perugia. Al festival ero stato per la prima volta nel 2013: ero impegnato nel mio tour in giro per l’Europa del sud e ho deciso di vedere com’era suonare per le strade di Perugia durante Umbria Jazz». Evidentemente Vincent si è trovato bene, tanto da tornare nel 2014 e poi nel 2015, quando a notarlo, come accennato, è stato Carlo Pagnotta lungo Corso Vannucci, eletto da van Hessen come main stage dove cantare e suonare. «Principalmente – dice – mi sono esibito lì». Ma non solo: «I proprietari di alcuni ristoranti infatti – continua – mi hanno notato e mi hanno invitato a suonare da loro, e io sono andato».
VIDEO – VAN HESSEN NEL 2013 A PERUGIA
La musica Per il chitarrista e cantante Perugia nel corso degli anni ha rappresentato una calamita: «Ho sempre amato il jazz – dice infatti van Hessen – e per me l’opportunità di suonare nel corso di uno dei più grandi festival jazz è stato qualcosa al quale non ho potuto resistere. Ho sempre messo in programma di andare ad ascoltare qualcuno dei grandi musicisti che suonano a Umbria Jazz ma dopo una giornata intera in giro per le strade ero sempre troppo stanco». Molto meglio andrà a Orvieto, dove finiti i suoi concerti avrà più tempo per ascoltare quelli degli altri. Quanto alla sua di musica, «non ho preparato – racconta – un qualcosa di completamente nuovo. Però ho provato un po’ di più alcune mie composizioni, un paio di brani di bossa nova. In caso poi, dato che sono un busker che suona in giro per il mondo senza fermarmi, sono molto abituato a suonare cover; quelle che da un punto di vista jazz si chiamerebbero “standard”».
VIDEO – VAN HESSEN NEL 2014 A PERUGIA
Chi è Nato nel 1967 (la «summer of love» come ricorda lui stesso) da una madre olandese e da un padre congolese, la sua carriera di busker è iniziata nel 2008, quando ha smesso di lavorare in un caffè di New York. «A quel punto – spiega – ho iniziato a suonare con un gruppo gospel, i “Boyd for praise company”, come loro chitarrista. Ci esibivamo a Central Park e nella metropolitana». Poi, nel 2009, il ritorno in Europa e da lì le tantissime esibizioni in molti paesi dell’Europa, così come in Asia, nel Medio Oriente e in Sud America. A 8 anni è in Israele, al conservatorio Beer Sheva per frequentare un corso di batteria. «L’insegnate – ricorda – commentò dicendo che “il ragazzo ha un naturale senso del ritmo, dopotutto ha sangue africano no?”». Da lì a breve il giovanissimo Vincent scopre che la batteria non fa per lui, anche se è stata un’ottima introduzione al mondo della musica e infatti la sua vita cambia. Nel 1980 la scoperta dei Beatles, «che mi interessavano più della scuola, del calcio e ogni tanto anche più degli amici. Studiavo i loro testi e la loro musica ore al giorno. Morto John Lennon, volevo provare a diventare il primo Beatles nero».
Metheny A 17 anni da Israele torna in Olanda, fa il musicista per hobby fino a quando «dopo aver assistito a un concerto di Pat Metheny una campanella ha cominciato a suonare nella mia testa. Forse, mi dicevo, dovrei fare il musicista». Da lì ore e ore di lezioni di chitarra, jazz e classica, all’Amsterdam college of music and arts, quella chitarra «che era l’unica cosa per cui vivere». A quel punto, alla metà degli anni Novanta, forma i primi gruppi, fa qualche concerto in Scandinavia, qualche programma alla radio e poi, all’inizio degli anni Duemila, la scoperta di New York. «Le mie influenze? Funk, jazz, bossa nova, african high-life. E di solito quando suono la gente sorride». Per chi vuole, l’appuntamento con il busker van Hessen è a da mercoledì a Orvieto.
Twitter @DanieleBovi