Parte oggi la rubrica PIATTO UNICO di Chiara Santilli. Uno spazio-blog all’interno di Umbria24 dove, in un unico post, si mescolano vari ingredienti, amalgamati tra loro nel tentativo di saziare i palati più esigenti e accontentando anche “sensi” diversi. Il piatto unico è, per sua natura, semplice ma sfizioso e, soprattutto, completo. Ci trovi tutto ciò di cui hai bisogno. L’obiettivo è guarnire in poche righe e con un pizzico di personalità, propria dello “stile” di Chiara, un fatto recente o una notizia interessante. Con un linguaggio diretto e chiaro, arricchito da immagini suggestive (sottotitolo “T’immagini”) e accompagnato da suggerimenti musicali (sottotitolo “In sottofondo”). Con l’invito a seguire Chiara sul suo personalissimo e originalissimo blog.

di Chiara Santilli
Ma voi l’avete capito?
Cioè, questo mega stabilimento Ikea che dovrebbero tirar su alle porte di Perugia, si farà o non si farà? È un rincorrersi di notizie, di trattative stiracchiate, di dichiarazioni e di smentite. Che io già mi vedevo, intenta a riempire il curriculum (perché si parlava di duecento assunzioni) e a specificare sotto la voce “capacità e competenze tecniche”: dimestichezza con martello, cacciaviti e chiodi e rara attitudine al montaggio di pensili e credenze da cucina.
E invece mi sa che questa mia prospettiva professionale sfuma. I vertici della multinazionale si “sfogano” – italiani, popolo di burocrati – e i nostri amministratori non si pronunciano, lasciando raffreddare i rapporti con gli accaldati svedesi.
Per quanto mi riguarda, sarei contenta di intravedere dalla superstrada un gigante blu con le lettere spesse e gialle. Il design scandinavo, del resto, ha il suo perché. Ha linee naturali, asciutte e pragmatiche e mi trasmette un senso di casa “a portata di mano”. Forse lo stesso Ingvar Kamprad (I.K. svela metà acronimo), quando a 17 anni ha ricevuto dal padre un premio per la bella pagella e lo ha utilizzato per fondare Ikea, si immaginava già la sua prima casa. E credetemi, l’accostamento del verbo immaginare al sostantivo casa non è per nulla casuale. Alla mia età – che non è propriamente quella di una teen ager – i miei genitori avevano già una casa di proprietà. Cioè era loro, loro soltanto e non pure delle banche. C’erano dentro vari mobili di arte povera, dal gusto discutibilissimo, ma almeno erano al riparo dalla povertà di questa cronica e precaria incertezza.
E allora, io non penso che l’Ikea sia la soluzione ai problemi della nostra società. Io semplicemente vedo in questo colosso un’idea di successo che, in un modo o nell’altro, incontra le esigenze dei cittadini moderni e le assembla come i pezzi delle sue librerie.
Perché questo ci serve.
Case possibili e possibilità a misura di uomo.
In sottofondo:
Dolcenera, Ci vediamo a casa (album “Evoluzione della Specie 2”, anno 2012)
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