Una vista del polo chimico

di Marco Torricelli

Che tirasse una brutta aria si era capito. Ma la presa di posizione della Lyondell Basell – che avrebbe ‘rilanciato’, chiedendo circa 17 milioni di euro per vendere l’aera di cui è proprietaria nel polo chimico ternano – apre scenari (o forse li chiude) difficilmente decifrabili.

I dubbi Quello che la multinazionale americana ha fatto, di sicuro, è stato mettere tutti di fronte ad una realtà – che molti hanno pensato di poter immaginare diversa – evidente: vuole essere lei a gestire la partita. Lei o, questa è una delle ipotesi, i soggetti che, in questi mesi, hanno condotto una trattativa parallela a quella che aveva portato all’offerta di 6,5 milioni di euro, fatta dal consorzio di cui facevano parte Terni Research, Novamont e Cosp Tecnoservice e dalla quale, poi, la prima si era sfilata.

La Regione Una trattativa nella quale, va ricordato, un ruolo importante lo aveva ricoperto la Regione, tanto che l’assessore Vicenzo Riommi aveva garantito che i poco meno di 4 milioni di euro promessi da Terni Research (che si sarebbe dovuta accollare i costi più elevati nell’operazione) li avrebbe trovati lui. Ma che, adesso, con il rilancio di Lyondell Basell, torna in alto mare. Un mare, peraltro, decisamente agitato.

Trattativa parallela Perché tornano a volteggiare, sul polo chimico ternano, gli spettri di quella speculazione – di carattere edilizio e commerciale – che in questi mesi sono stati più volte paventati: 40 ettari di terreno, seppur gravati dalla necessità di essere bonificati (si ipotizza un costo di compreso tra i 20 e i 30 milioni di euro per le operazioni), ma praticamente in città e con una rete di collegamento stradale non disprezzabile, possono far gola a ‘palazzinari’ e speculatori vari.

La destinazione d’uso Una parola definitiva, perché su questo si è ancora alla fase delle ‘dichiarazioni di principio’, potrebbe venire dalle istituzioni locali, che hanno più volte assicurato che quelle aree resteranno destinate ad attività industriali e che per nessun motivo potranno diventare, per esempio, edificabili o commerciali. Ovvio che una presa di posizione netta aiuterebbe a capire meglio come stanno davvero le cose.

La Meraklon La situazione rischia di rimettere in discussione anche la partita Meraklon – per la quale si era aperto un importante spiraglio con la cessione del ‘fiocco’ alla Beaulieu, ma potrebbe coinvolgere tutte le altre imprese che operano nel polo chimico ternano: Novamont in testa, ma anche quelle più piccole. Tutto questo sarà oggetto del vertice regionale che Cigil, Cisl e Uil terranno mercoledì a Perugia: la discussione non sarà facile.

Che fare Il problema vero è che una strategia forte e, soprattutto, condivisa tra i vari soggetti in campo – locali e nazionali – non c’è. Basti pensare alla scarsa chiarezza che ha caratterizzato le prese di posizione dei vari soggetti imprenditoriali coinvolti; all’assordante silenzio della locale Confindustria; alle inesistenti sinergie tra le istituzioni locali, tra di loro e con il governo; alle striscianti polemiche tra le organizzazioni sindacali. Tutte cose che permettono alla Basell di continuare a ‘dare le carte’ in un partita dalla quale, invece, sarebbe dovuta uscire già da tempo.

L’esproprio  Il presidente del gruppo Progetto Terni Città Aperta in consiglio comunale, David Tallarico, chiede di passare alle maniere forti: «Credo – dice Tallarico – che la misura sia ampiamente colma: dobbiamo passare alla fase due della vicenda, usare tutti i mezzi che la legge ci consente. Mi riferisco all’esproprio delle aree per motivi di pubblica utilità. Ormai di fronte a tanta scelleratezza e mancanza di sensibilità da parte di Basell, le istituzioni possono e debbono usare il meccanismo dell’esproprio: tale operazione consentirebbe finalmente di far rinascere il polo chimico di Terni, di far ripartire le centinaia di posti di lavoro fermi al palo da oltre tre anni ed alle famiglie degli operai ex Basell di tornare a vivere con un minimo di dignità».