Toni Servilo (foto Marco Caselli Nirmal)

C’è grande attesa al teatro Cucinelli di Solomeo per le due recite dello spettacolo «Toni Servillo legge Napoli», in programma venerdì e sabato. Si tratta di quelle inizialmente previste il 13 e il 14 marzo e rinviate a causa di motivi di salute dell’artista. Lo spettacolo è un sentito omaggio alla cultura partenopea che l’attore rende immergendosi nella sostanza verbale di poeti e scrittori che di Napoli hanno conosciuto bene la carne e il cuore. È il ritratto di una città – spiega il Teatro stabile dell’Umbria – dai mille volti e dalle mille contraddizioni, divisa fra l’estrema vitalità e lo smarrimento più profondo, una città di cui la lingua è il più antico segno, forgiato dal tempo e dalle contaminazioni. «Ho scelto questi testi – rivela Servillo – perché ne emerge una lingua viva nel tempo, materna ed esperienziale, che fa diventare le battute espressione, gesto, corpo».

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Lo spettacolo Accanto a poemetti ormai considerati fra i grandi classici del Novecento come «Lassamme fa’ a Dio» di Salvatore di Giacomo e De Pretore Vincenzo di Eduardo de Filippo, due liriche di Ferdinando Russo, «A Madonna d’‘e mandarine» e «E’ sfogliatelle», e l’attualissima Fravecature di Raffaele Viviani. Servillo dà poi voce alla sanguigna e veemente invettiva de «A sciaveca» di Mimmo Borrelli e alla lingua contemporanea, colta ed allusiva di «Litoranea» di Enzo Moscato, tagliente riflessione sulle contraddizioni e sul degrado di Napoli, che, nel 1991, costituiva il finale di «Rasoi», spettacolo-manifesto di Teatri Uniti. Assolutamente inedite e composte per la circostanza sono «O vecchio sott’o ponte» di Maurizio De Giovanni, a raccontare l’inumano dolore per la perdita di un figlio, e «Sogno napoletano» di Giuseppe Montesano, in cui, dichiarata la dimensione onirica, l’apocalisse lascia il passo ad un salvifico, auspicato, risveglio delle coscienze. Entrambe si infrangono nella successiva sequenza, aspra e feroce, di «Napule», crudo ritratto della città scritto da Mimmo Borrelli. «Oltre la lingua – aggiunge Toni Servillo – il filo rosso che attraversa e unisce la serata è il rapporto speciale, caratteristico di tantissima letteratura napoletana, con la morte e con l’aldilà, il commercio intenso e frequente con le anime dei defunti, i santi del paradiso e Dio stesso». Novanta intensi minuti che l’attore conclude con «A livella» di Totò, «Primitivamente» di Raffaele Viviani, «Nfunno» di Eduardo de Filippo ed infine «Cose sta lengua sperduta» di Michele Sovente.

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