«Seeding change», il dossier di Perugia 2019

di M.Alessia Manti

Il dossier finale di Perugia 2019 entrerà nelle case degli umbri. Settemila copie del «Bid book», infatti, verranno distribuite da sabato nelle edicole della regione; nello stesso giorno scelto dallo staff della fondazione Perugiassisi 2019 per presentare l’ultima parte del progetto con cui la città si candida a diventare capitale europea della cultura.

Il dossier si presenta alla città Quella di sabato al teatro Pavone è la prima «chiamata» ai cittadini, la seconda sarà in occasione della visita dei commissari europei del 10 ottobre. I dettagli di come la città potrà ‘partecipare’ non si sanno ancora ma la linea scelta è quella che ai sei giudici in trasferta «Perugia, si svelerà per com’è, senza trucchi, con la  normale vita del suo centro storico ma anche con la sua periferia» come afferma Bruno Bracalente, presidente della fondazione che promuove la candidatura.

Un’occasione per spiegare La diffusione e la presentazione del dossier per Bracalente e Arnaldo Colasanti, direttore artistico di Perugia 2019 è anche un’occasione per ribadire alcuni concetti fondamentali. Perchè arrivati ad un passo dal verdetto – il 17 ottobre con tutta probabilità – si ha la sensazione che non tutto sia chiaro e che, ora più che mai, è indispensabile spiegare alla città che «questa candidatura è proprietà comune, è di Perugia, di Assisi e dell’Umbria» e, proprio in riferimento al progetto finale consegnato al Mibact, «non è il programma definitivo degli eventi che ci saranno nel 2019 ma rappresenta una metodologia di lavoro per l’anno da Capitale ed è sempre aperto a nuovi contributi».

BRACALENTE: «CITTÀ ANGOSCIATA NE HA BISOGNO»

«Non una lista di eventi per spettatori passivi» Il punto essenziale è che un programma di iniziative canonicamente inteso non è più concepibile. Se la gente si chiede, proprio in riferimento agli eventi previsti per il 2019, chi, cosa e come, la risposta la dà Colasanti: «La cultura non è roba da impresari – spiega a Umbria24– e il programma culturale della candidatura non è una vetrina di eventi. Alla base c’è una nuova concezione di cultura che parte proprio da un nuovo approccio quanto mai necessario».  A chi taccia di astrattismo il progetto finale Colasanti risponde per le rime. «Altro che astrattismo, questo dossier tocca i punti fondamentali sociali di oggi, il contatto con il mondo del lavoro, il rapporto tra spazio pubblico e privato, il rapporto tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’. È soprattutto un tentativo di accendere o riaccendere quelle zone d’ombra della città, di renderle terreno fertile».

IL NUOVO DOSSIER

Non una vetrina ma una metodologia Quello che si vuole offrire con il dossier è uno stimolo, un suggerimento nella costruzione di un qualcosa che appartiene a tutti. Dunque non una lista di eventi in cui i cittadini sono spettatori che pagano un biglietto, per intenderci, ma dei veri protagonisti di un processo di cambiamento culturale. Secondo Bracalente e Colasanti la prova di dinamismo della candidatura, in tal senso, è rispecchiata dal dossier che è aperto ad eventuali futuri progetti da suggerire e che partirebbero già dal 2015. «È un’architettura aperta, una base di partenza non solo in caso di vittoria».

IL NUOVO SLOGAN: «SEMINARE IL CAMBIAMENTO»

Le sfide «Gli obiettivi che guidano la candidatura – ha ricordato Bracalente – sono molti, uno fra tutti è riconfigurare la città, in particolare il suo centro storico come un grande living lab in grado di stimolare il senso creativo e culturale della città, legato al codice genetico del territorio. In questo giocheranno una parte importante le università e gli istituti accademici e di alta formazione del territorio che dovranno riavere un ruolo centrale. Una sfida alla contemporaneità che si combatte, secondo Bracalente, anche rompendo lo stereotipo dell’Umbria green, luogo di attesa.

IL TOUR CHE FARANNO I COMMISSARI

Alcuni dei progetti, in concreto E allora ecco alcuni dei progetti in concreto. Quelli che rientrano nella sezione di Living Neighborhood, che riguardano la coesione sociale e il dialogo tra centro e periferia. A esempio il Neighborland, progetto che promuove la coesione sociale in aree di edilizia popolare attraverso la partecipazione dei residenti. Saranno attivati dal principio una serie di progetti con dei team creativi per poi coinvolgere residenti, governo locale, urbanisti. I gruppi creativi saranno composti da artisti internazionali, antropologi, economisti e sociologi che lavoreranno su progetti partecipativi. I gruppi dovranno letteralmente «vivere insieme» ai residenti con periodi di condivisione e momenti di convivialità. Nel 2019 ogni quartiere selezionato ospiterà una maratona di sette giorni in cui verranno condivisi i progetti cresciuti nei due anni precedenti.

CHI SONO I 7 COMMISSARI

Ricreare un’immagine policulturale Poi c’è il progetto che riguarda le cosiddette «zone d’ombra della città», quelle zone che non sono più punti di riferimento per i cittadini – perchè non le riconoscono come tali – ma zone ormai di transito, il Downtown Forest. Attraverso una open call su piazza del Bacio come luogo per lo sport e piazza Grimana come biblioteca a cielo aperto, e le piazzette del centro storico come un parco giochi diffuso. La rottura degli streotipi nel dossier è vista anche come ‘rottura di stereotipo europeo’. In questo senso si è pensato ad un progetto per videomaker stranieri che nei laboratori che nasceranno nell’ex carcere di piazza Partigiani utilizzano i filmati in archivio di Perugia, dell’Umbria e dei loro paesi e ne ricreano un’immagine non più souvenir ma attuale e moderna e che verrebbero proiettati in un festival.

Dall’ex carcere in poi L’ex carcere maschile di piazza Partigiani, progetto simbolo della candidatura che diventa quindi luogo di rigenerazione di immagine e incontro tra identità e professionalità. Nella sfida che riguarda l’ex carcere c’è anche il progetto Freedom Room che può contare sull’esperienza diretta dei detenuti. Questi infatti verranno coinvolti nella progettazione di luoghi dedicati alla creatività piccoli come una cella. Per quanto riguarda la musica invece, in prima fila ci sarebbero i ragazzi di Young Jazz e maestranze europee. A loro si chiederà, per il 2019, di comporre e interpretare un testo nei luoghi deputati dei 92 paesi umbri. Lo sforzo è quindi quello di partire dal patrimonio che l’Umbria ha già, attraverso forme artistiche avanzate, e ricreare una regione policulturale.

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