di Ivano Porfiri
Il Festival internazionale del giornalismo riparte da Roberto Saviano. Mentre ancora si smontano i gazebo e gli impianti che, in 5 giorni, hanno amplificato le voci di 623 speaker, sul tavolo di Arianna Ciccone e Chris Potter, gli organizzatori, c’è già una proposta per il prossimo anno dell’autore di Gomorra.
FOTORACCONTO: LA VITA DEL FESTIVAL
Verso il decennale Archiviato con soddisfazione l’anno uno del post crowdfunding, recuperato il rapporto con le istituzioni («era importantissimo ricucire», dice Arianna) è chiaro che la prua sia già dritta verso l’edizione del decennale. «Per il momento abbiamo solo in testa un nome, che non facciamo per scaramanzia – spiega la Ciccone – ma vorremmo che il decennale sia una grande festa collettiva, quindi invitiamo tutti ad esserci proponendoci un’idea. Perché le presenze al Festival non vengono decise a tavolino: chi ha idee buone partecipa, e a quei direttori che ci snobbano per non aver ricevuto un invito a partecipare mandiamo un abbraccio di compassione». Di proposte c’è già quella di Saviano, altre sono attese da settembre in poi. E ci sono le date: dal 6 al 10 aprile. «Per incastri vari e la concomitanza con un festival in Texas avevamo questo weekend o il primo di maggio, ma gli albergatori ci hanno chiesto ai aiutarli ad aprile e così abbiamo deciso di fare».
L’anno di Snowden e Zerocalcare Tornando al presente, il lunedì post festival è sempre quello dei numeri, ma anche dei ricordi che resteranno impressi nella memoria. «La presenza di Snowden è stata per noi una consacrazione – ha sottolineato Arianna – e quei 20 minuti in cui non riusciva a collegarsi via Skype i più lunghi di sempre. Poi quando il suo avvocato mi ha fatto segno che era connesso, sono scoppiata a piangere». Ma se il whistleblower era l’appuntamento di punta per rilievo internazionale, non c’è poi molto da meravigliarsi se gli stessi contatti li ha fatti l’incontro più nazionalpopolare con Zerocalcare e Chef Rubio: entrambi con circa 3.500 visualizzazioni tra live e on demand.
Numeri e dati Del resto il Festival è un minestrone in cui «alcuni si lamentavano degli eventi in contemporanea perché avrebbero voluto seguire sia il panel più nerd sul data journalism che quello più pop». E i dati forniti dagli organizzatori parlano di numeri record, specie nell’ottica di interazione tra presenze in carne e ossa (tra le 55 e le 65 mila) e “virtuali” con i contatti sui canali social e le 35 mila visualizzazioni delle oltre 260 dirette su youtube. Nei 279 eventi, tutti a ingresso libero, in 17 location spesso i posti erano esauriti per ascoltare 623 i relatori provenienti da 34 paesi diversi. Ancora, più di 2500 i giornalisti accreditati, oltre 170 mila le visite al sito internet (il sito in inglese ha registrato un incremento del 30%). I video totali prodotti sono stati 360.
Twitter L’hashtag #ijf15 ha prodotto circa 56 mila tweet dal 15 al 19 aprile, provenienti da circa 11.200 utenti diversi (e da 5 continenti) e oltre 500 mila retweets. Picco di tweet raggiunto: 74 per minuto. L’hashtag #ijf15 è rimasto tra i trending topics per tutti 5 i giorni, entrando anche nelle tendenze di Svizzera e Canada. L’account @journalismfest ha guadagnato attorno ai 1000 follower dal 15 al 19 aprile. Il tweet più condiviso è stato il “meme” con la citazione tratta dall’evento speciale di Edward Snowden, che ha raggiunto circa 34 mila impressions, più di 210 retweet, ed è stato embeddato più di 120 volte. Durante il keynote speech di Jeff Jarvis, sabato 18 aprile, l’hashtag #ijf15 ha registrato un picco di 1.500 tweets in 30 minuti. Per quanto riguarda Facebook: 420 mila sono state le visualizzazioni dei contenuti del festival, 15 mila tra ‘mi piace’, commenti e condivisioni durante i 5 giorni.
Festival di livello mondiale Oltre a non dimenticare i 250 volontari e gli sponsor (Amazon, Tim e Regione Umbria ci saranno anche nel 2016), Ciccone e Potter hanno riportato i feedback degli ospiti, specie quelli internazionali. «Diversi di loro hanno detto che questo è il media festival più riuscito al mondo e questo grazie, sì ai relatori, ma soprattutto grazie alla sinergia di chi si impegna nell’organizzazione e la città di Perugia, che è un palcoscenico incredibile. Questo festival – hanno aggiunto – è un patrimonio da tutelare, perché porta prestigio e porta ritorno economico». Un numero meglio di altri – le le 1.843 stanze di hotel occupate solo dall’organizzazione – sono un esempio dei motivi per cui questa manifestazione dopo quasi 10 anni può dirsi una scommessa vinta.