di Sebastiano Pasero
Sulle orme di Leonardo, la scoperta è la Terni che si entusiasma, quella che si divide, quella che apre i propri archivi, quella che chiude i cordoni di borse non sempre proprie, quella che fa da sé, come il barista di Papigno che, in attesa dei piani di marketing territoriale, ha chiamato il proprio bar Leonardo e dentro ci ha messo anche una riproduzione del celeberrimo disegno del 5 agosto 1473, quello che ritrae l’area della Cascata, Papigno compreso. Sulle orme di Leonardo si scoprono molte cose: la Terni che si mette a disposizione, quella che trova un ruolo nello scetticismo, quella che sta alla finestra, quella che gestisce spazi che le stanno grandi. E il prodotto finale, stando in un ambito leonardesco, non è del tutto geniale: Terni, città di rilevanza nazionale per dimensioni demografiche e ruolo industriale, sembra avere difficoltà a gestire la novità, a mettere le energie migliori per costruire e raggiungere nuovi traguardi.
Il libro Uscirà nei prossimi giorni il libro, Leonardo Da Vinci, le radici umbre del genio, Morlacchi Editore, scritto dallo storico dell’arte Luca Tomìo e dal giornalista Marco Torricelli, con la prefazione del giudice Federico Bona Galvagno. Un volume che Umbria24 ha letto in anteprima e che appare destinato a non passare inosservato. Utilizzando la tecnica dell’intervista, miscelando Burri con il Perugino, Indiana Jones con il ragionier Filini, Leonardo con Batman, il libro tratta degli studi e degli approfondimenti scientifici messi in campo da Tomìo. Alcuni già noti e già saliti alla ribalta nazionale, come l’individuazione dell’area della Cascata delle Marmore nel disegno di Leonardo del 5 agosto del 1473. Un caposaldo, il disegno, della storia dell’arte mondiale che trova, a distanza di cinque secoli, il suo contesto paesaggistico grazie a questa ricerca visionata e avvallata dal direttore generale del ministero dei Beni Culturali, Francesco Scoppola, e da Cristina Acidini, già soprintendente al Polo Museale Fiorentino e presidente dell’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze. Altri studi in rampa di divulgazione, come l’individuazione della Gioconda di Leonardo in Isabella di Aragona, duchessa di Milano, un’indentificazione che parte dal passaggio lombardo che fa da sfondo al planetario sorriso.
Il debutto in Umbria Il libro si addentra nelle tante questioni artistiche, nelle ricostruzioni storiche, racconta, sempre con taglio divulgativo, la rete dei rapporti dell’Italia del ‘400 e del ‘500, l’Italia divisa tra il Papato, i Medici, i re di Napoli. Il potere, l’arte, suo strumento, ma anche espressione di grande autonomia e libertà. L’Umbria è protagonista. La tesi di Tomìo è che il debutto dell’artista e dello scienziato Leonardo avviene in Umbria. L’allievo del Verrocchio, fresco di iscrizione alla Accademia di San Luca, è inviato in Umbria da Sisto V, perché il papato ha bisogno di capire meglio questo territorio strategico, posto tra l’Italia di Firenze e Milano e quella del Sud. Una terra già ricca di spiritualità, di santi, di artisti, di fortezze e di straordinarie opere come la Cascata delle Marmore. L’idraulica è una delle chiavi portanti delle scienze di Leonardo, perché l’idraulica è chiave di volta per gestire il territorio, per governare il Velino come fecero i Romani, o come potrebbe essere per il Tevere come disegna Leonardo. Tomìo sostiene che nel Codice Atlantico la mano sinistrorsa di Leonardo avrebbe disegnato un invaso, quello di Corbara, che poi verrà realizzato secoli e secoli dopo. Debutto umbro, ternano: non solo studio dell’idraulica, ma una committenza pittorica per la diocesi di Terni, il disegno del 1473 altro non sarebbe che la base di un ciclo di paesaggi diocesani ancora oggi custodito nell’Episcopio di Terni, seppur sotto altri strati di pittura.
Caccia a Leonardo E il viaggio di Tomìo per individuare scoperte, per ipotizzare tesi, è un viaggio negli archivi partendo da quello della parrocchia di Papigno fino ad arrivare all’archivio segreto del Vaticano, passando per la Bilioteca Ambrosiana. Perché nella collocazione di Leonardo in Umbria ci sono le intuizioni di Tomìo, ma c’è anche il contributo di tante persone: Don Pino e don Claudio che aprono i loro faldoni, il vescovo Piemontese che benedice, il cacciatore di Civitella di Agliano che invece di sparare alle tortore si mette alla caccia dei passaggi leonardeschi, il proprietario di villa Graziani che si commuove e tira su le grate dei cunicoli, il funzionario comunale che non esita a mettersi sullo strapiombo probabilmente utilizzato da Leonardo come punto di osservazione della Cascata. C’è una umanità ricca, che ha voglia di contribuire alla realizzazione dei sogni, a questo punto non solo di Tomìo, di capire meglio le proprie radici che non si fermano a un secolo fa, alla nascita della Terni industriale.
Una scoperta tenuta nascosta Il libro affronta anche il perché la scoperta su Leonardo – l’area ritratta nel Disegno custodito agli Uffizi – sia rimasta nella terra dei semi che non arrivano a raccolto. Il libro ne parla tenendo a bada il carattere sanguigno degli autori, sembra prevalere l’accettazione per una città che non si entusiasma neanche quando potrebbe essere protagonista, che è scettica a prescindere, che è rapida a demolire o che, più bonariamente, non sa che posizione prendere. Nel libro, le email anonime che a volte vogliono bruciare la pubblicazione sulla riviste scientifiche, altre denigrare, le porte chiuse, i muri di gomma, sono raccontati senza acredine.
Da valorizzare di più «Non credo ai complotti, né alle operazioni di cecchinaggio, vedo piuttosto una città distratta, a volte presa da piccole cose, forse inconsciamente intimorita dal dovere abbandonare immagini consolidate, anche se io non ho mai pensato che la Terni dell’industria sia antitetica a quella di Leonardo, dell’arte, del suo grande patrimonio culturale e naturalistico, ad iniziare da quello della Cascata. E’ però un’altra cosa, un mondo che meriterebbe di essere valorizzato perché può dare quelle risposte e quei risultati che il passato non riesce più a dare», aggiunge Tomìo. Lui è milanese, da anni vive a Terni: «E’ la città di mia moglie e dei mie figli. Dispiace questa mancanza di capacità di cogliere le opportunità, di valutare con serenità prospettive e occasioni. In questi giorni a Milano ho trovato una attenzione straordinaria, con la Regione e il sistema mediatico in prima fila, ad iniziare dal Corriere della Sera. Ma forse quello è un altro contesto, qui ci vuole più tempo. D’altronde per comprendere le grandi intuizioni degli anni ’50 di Zeri su Piermatteo di Amelia ci sono voluti 30 anni. Solo con l’individuazione di fonti documentali inattaccabili si è compreso il lavoro di Zeri». Non resta, dunque, che aspettare.