di Massimo Colonna

C’erano camion «fashion», camion «brutti» e anche camion «bombetta». E poi anche dei soprannomi affibbiati ai protagonisti dell’inchiesta ‘Acciaio sporco’, finiti indagati o agli arresti domiciliari dopo l’operazione messa in moto dalla procura della Repubblica di Terni e portata avanti dagli uomini del comando regionale della Forestale. Nuovi particolari emergono dall’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Terni Maurizio Santoloci.

Vi bacio in fronte Nelle 112 pagine del documento sono inserite anche le intercettazioni telefoniche utilizzate nelle indagini, portate avanti anche tramite intercettazioni ambientali, riprese video e in un caso anche posizionamento di Gps. «Mo domani arrivano sette più sette a andiamo avanti a consegnà – si legge in un passaggio di una telefonata tra due finiti nell’inchiesta – e voi scaricate no?». «Domani dovremo riprendere», è la risposta. «Perfetto vi bacio nella fronte allora. Ci vedremo poi domani o giovedì che mi fa la campionatura di cromo».

La perquisizione: il video
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Parlano gli inquirenti 

Dove voglio ribaltare «Voi ce la fate comunque – si legge in un’altra conversazione – a ribaltare nella buca dove voglio ribaltare?». «Sì, quelle delle campionature, sì non ci sta problema». Proprio grazie alle intercettazioni gli inquirenti sono riusciti a circostanziare le accuse mosse nei confronti dei 17 coinvolti. Accuse che formalmente parlano di associazione per delinquere, truffa aggravata, corruzione tra privati continuato e aggravato, frode nell’esercizio del commercio.

I camion bombetta Secondo quanto ricostruito dall’accusa la frode ai danni di Ast si concretizzava quando i camion in arrivo al piazzale del parco Rottami erano indirizzati in maniera illecita in modo da evitare i controlli del caso proprio da parte della multinazionale sul ferro trasportato. Ferro che non era del tutto conforme a quanto stabilito in quanto a percentuali di nichel e cromo. Il tutto sfruttando anche la compiacenza, materializzata nell’ipotesi di reato di corruzione tra privati, di quattro dipendenti Ast finiti agli arresti domiciliari. Ecco dunque che nel piano della banda un ruolo importante lo giocano proprio i camion. Questi, come si legge negli atti dell’inchiesta, erano chiamati «brutti o fashion», a seconda se ritenuti utili o meno alla truffa. Oppure «bombetta», ossia quel camion, secondo quanto ricostruito, che veniva piazzato fuori dallo stabilimento per eventuali controlli a sorpresa.

Il pranzo Dalle carte emerge insomma una fitta rete di contatti tra le persone coinvolte, anche perché ogni persona, tra le 17 indagate, secondo l’accusa aveva un ruolo diverso e dunque gestiva un piccolo proprio settore. C’era chi portava il contante, chi passava informazioni, chi pensava a movimentare il materiale e chi invece coordinava i lavori. E uno dei primi contatti definiti «sospetti» dalla procura è quello andato in scena a Scheggino, in un ristorante della zona, a cui ha preso parte una delle persone finite poi agli arresti.

I soprannomi Dalle conversazioni spuntano anche i soprannomi che i protagonisti si erano affibbiati: tra questi Migliorino, Rubesco, Ringhio e Mano pezzata. Forse dei piccoli trucchi usati al telefono che comunque non hanno impedito agli inquirenti di ricostruire la rete di contatti messa in piedi nelle diverse circostanze.

Twitter @tulhaidetto

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