di Enzo Beretta
Si apre mercoledì il processo d’appello contro Riccardo e Valerio Menenti, condannati dalla Corte d’assise di Perugia all’ergastolo e a 27 anni di reclusione per l’assassinio di Alessandro Polizzi e il tentato omicidio della fidanzata Julia Tosti avvenuto a Perugia il 26 marzo 2013. Padre e figlio vogliono la riapertura dell’istruttoria. Nei ricorsi viene chiesto di risentire Julia, viene sollecitata una perizia sul portone di via Ettore Ricci e viene citata la sentenza-Meredith a proposito della «pericolosissima deficienza delle indagini preliminari».
Vendetta Secondo la Corte d’assise entrambi gli imputati hanno ucciso per «vendetta». Nella sentenza il giudice estensore Nicla Flavia Restivo scrive che il movente del delitto «è da ricercarsi unicamente e univocamente nella reazione vendicativa dei Menenti alle tre precedenti aggressioni subìte da Valerio, l’ultima solo tre giorni prima del delitto». Nelle 215 pagine di motivazioni vengono raccontati i precedenti tra Valerio e Julia, «picchiata, minacciata e molestata anche quando la relazione con Menenti jr. era terminata». «La reazione di Polizzi accorso in difesa della Tosti – è spiegato – ha portato a far ritenere nella mente degli assassini sia Julia che Alessandro responsabili allo stesso titolo delle aggressioni subite da Valerio».
Le chiavi di casa Per la Restivo le chiavi della porta al terzo piano vennero consegnate da Valerio (che in quella casa aveva abitato) al padre che entrò armato di una vecchia pistola Beretta «del nonno» che Valerio «aveva ricevuto in eredità». Ai giudici di primo grado non torna neppure l’alibi fornito alla squadra mobile dal figlio secondo cui «i genitori avevano dormito a Todi»: questo perché Valerio era «pienamente consapevole dell’omicidio». Insomma, «tra padre e figlio si era formato un piano comune e un accordo per vendicarsi di Polizzi».
«Ci penso io» «L’assassinio non è una reazione improvvisa né di impeto» per la Corte d’assise in quanto «Valerio ha espresso in forma chiara e specifica volontà omicidiaria». Perfino un amico di Valerio ha riferito che il tatuatore di Ponte San Giovanni «in presenza sua e di Riccardo, durante l’ultimo ricovero dopo l’aggressione, ha espressamente affermato che ‘gliel’avrebbe fatta pagare’ e che ‘ci avrebbe fatto pensare al padre’» il quale «annuì manifestando il suo assenso». In fondo Riccardo l’aveva accennato perfino ai carabinieri: «Se non ci pensate voi stavolta ci penso io».