di Maurizio Troccoli
Ha fatto bene il garante dei detenuti a parlare di tragedia annunciata a Terni e, in generale, nelle carceri umbre, definite ‘polveriere’.
C’è ora un momento per il cordoglio? Una persona non c’è più. Era detenuta. E, probabilmente, era tra i protagonisti di una lite violenta. L’attenzione, a poche ore dall’accaduto è tutta rivolta ai, purtroppo, notissimi e inaccettabili problemi della situazione delle nostre carceri, talmente ‘infiammante’ da fare scivolare verso l’ombra il dramma consumato che ancora non ha neppure un nome.
Stiamo, per un attimo, al morto. Chi è? Aveva figli, moglie? Cosa gli è accaduto? Dove? A che ora? Chi avrebbe dovuto sorvegliarlo? I sindacati della penitenziaria scrivono che è stato trovato impiccato. Che si sarebbe trattato di un suicidio. Che è accaduto dopo una feroce lite. E che si tratta di un uomo, messo in una cella, in attesa di essere trasferito nell’altro carcere di Perugia.
Quando è stato trovato morto? Atteso che un primo comunicato di uno dei sindacati della penitenziaria, di domenica mattina, non fa menzione di un morto. Lo si apprenderà da un secondo comunicato diramato successivamente da un altro sindacato che, al morto, riserva una parte marginale e secondaria del testo.
I suicidi, in carcere, si sa, sono derubricabili in men che non si pensi. Sempre da fonti sindacali si apprende che, la rissa, sarebbe nata tra detenuti ubriachi. Ubriachi. E con cosa si sono ubriacati? Erano solo ubriachi? E l’alcol come e da dove sarebbe entrato?
Cosa avrebbe portato quell’uomo a farla finita, se questa è la ragione della sua morte? In che condizioni era quando è stato messo in cella?
Che ci sia un fiore lì a ricordare una vita dilaniata. Che possa essere annaffiato con la verità. Che l’oblio attenda almeno che il fiore si secchi. E ci sia un attimo di tregua prima di avviare il coro de ‘l’avevo detto io’.