di Enzo Beretta

«Fuori Alfredo dal 41 bis». È lo striscione nero con la «a» cerchiata che campeggia davanti al carcere di Perugia dove un gruppo di anarchici ha organizzato questa mattina un sit-in di protesta durante l’udienza nella quale il Riesame dovrà nuovamente esaminare la richiesta di annullamento delle misure disposte dal gip su richiesta della Procura nei confronti di Cospito e di altri cinque persone indagate nell’inchiesta Sibilla. Cospito è in sciopero della fame da oltre quattro mesi e questa mattina aveva anticipato di voler prendere parte all’udienza mediante collegamento in videoconferenza dal carcere di Opera in cui si trova ristretto. 

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Striscioni e volantini Nel piazzale davanti al carcere sono presenti una ventina di anarchici provenienti da varie parti d’Italia. «Con Alfredo Cospito per la solidarietà internazionale», si legge in un altro striscione mentre sventola una bandiera nera e vengono lanciati messaggi attraverso un megafono alimentato dalla batteria di un’auto. Fotografi e cameramen sono stati allontanati. Vengono distribuiti volantini. Slogan di solidarietà sono stati scanditi dai partecipanti anche per i brigatisti Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi e Marco Mezzasalma.

Sicurezza La manifestazione viene presidiata dalla polizia e dai carabinieri: un blindato del Reparto mobile staziona davanti alla sbarra dell’istituto penitenziario del capoluogo umbro dalle prime ore del mattino, lungo via Pievaiola ci sono pattuglie della polizia municipale. Il traffico è stato rallentato da un manifestante in mezzo alla strada che spiega agli automobilisti incolonnati: «C’è una persona che sta morendo dopo cinque mesi che lo torturano. Chiediamo dieci secondi di solidarietà». Prima delle 9 sono arrivati i difensori degli indagati, i giudici del Riesame di Perugia e i pubblici ministeri. L’area del carcere viene monitorata dalla polizia penitenziaria.

La battaglia di Cospito L’udienza è terminata intorno alle 10.30: Cospito collegato in videoconferenza è apparso provato a chi lo ha visto. Nel corso del suo intervento ha ribadito di aver fatto la sua battaglia «contro la repressione della libertà» rappresentata dal carcere duro, specificando di non voler diventare un martire ma di impegnarsi in una lotta per i diritti.