di Marco Torricelli
Il racconto va avanti a sprazzi. Con lunghe pause. La voce si alza, ma più spesso si incrina. Gli occhi si arrossano e non è colpa del sole. Quello che ho davanti è un imprenditore che vive al limite di una crisi. Di nervi e non solo.
La crisi Si dirà che è normale, vista la situazione economica. Può essere. Ma siccome l’imprenditore edile Emanuele Amenta, da giorni non si muove dal ‘suo’ cantiere, nel quale passa anche la notte, dormendo nel container adibito ad ufficio; siccome mercoledì è finito al pronto soccorso per un malore, ma ha firmato per essere dimesso ed è di nuovo qui; siccome con lui – accanto e non contro di lui – ci sono i suoi dipendenti («i miei fratelli», ripete più e più volte) che da dicembre non ricevono la paga; siccome questa storia la racconta, la raccontano tutti insieme, fissandomi negli occhi, dritto negli occhi, fino quasi a farmi male; forse proprio normale non è.
Il centro commerciale Insomma, la ditta di Emanuele Amenta è quella che, da ottobre dello scorso anno, sta lavorando – per conto dell’impresa di Giunio Marcangeli, che ha acquistato l’area dal Comune, per circa 8 milioni di euro – alla realizzazione di un centro commerciale nella zona di Cospea: «Con Marcangeli – racconta Amenta – la collaborazione durava da 11 anni e, più che un appaltatore, mi consideravo suo amico e ne ero orgoglioso». Verbi al passato, brutto segno.
I lavori Un appalto da due milioni e 400 mila euro, con lavoro assicurato per almeno tre anni, quello che la ditta di Amenta aveva ricevuto da Marcangeli: «I miei 15 fratelli (gli operai; ndr) ed io eravamo contenti – racconta con quella cadenza tipicamente siciliana che non ha perso, anche se sta a Terni da una vita – pure se non ci ha mai messo a disposizione una gru, o dei mezzi di movimentazione. Si lavorava con maggiore fatica rispetto al normale, ma si lavorava ed era questo che ci interessava». Ancora verbi al passato.
Cambio di strategia A dicembre, però, qualcosa è cambiato: «Dopo l’ultimo pagamento – spiega l’imprenditore – abbiamo cominciato a vedere che c’era qualcosa che non andava. I materiali non arrivavano più, i rapporti con Marcangeli si sono fatti più radi e freddi, mandava sempre più spesso qualcun altro a parlare con noi». E, soprattutto, «ha smesso di pagare – dice Amenta – e io ho cercato di capire perché, ma senza avere mai delle risposte».
I lavoratori Mese dopo mese la situazione si è fatta sempre più tesa: «Hanno anche tentato di metterci contro Amenta – racconta uno dei lavoratori – ma come vede noi siamo qui, insieme a lui. Quando io ho avuto bisogno, ha messo la mano in tasca e mi ha aiutato, senza chiedermi nulla. E che pensano, che io me dimentichi?». Un altro, con gli occhi che luccicano, interviene: «Forse credevano che, per noi, contasse più qualche spicciolo che la dignità, ma si sbagliano. Io mi sento umiliato come essere umano – dice – perché dopo mesi di lavoro non ho nemmeno dieci euro in tasca e perché, se mangio qualcosa, è proprio grazie ad Emanuele».
Il credito Già, perché Amenta, che forse non avrà piacere che si racconti, ha chiesto al proprietario del locale che sta a fianco del cantiere di fargli credito: «Una pizza e una bottiglia d’acqua minerale a testa, gli ho chiesto – dice l’imprenditore – con la promessa che lo pagherò appena potrò riscuotere almeno una parte dei crediti. Lui mi conosce, sa che sono una persona per bene e me lo ha concesso».
Il sospetto Emanuele Amenta è certo di aver capito quello che sta succedendo: «Vogliono farci fuori dal cantiere e affidare i lavori a qualcun altro, ma io da qui non mi muovo. Abbiamo ricevuto le visite dell’ispettorato del lavoro, che non ha riscontrato irregolarità; alcuni collaboratori di Marcangeli hanno fatto strani discorsi ai miei fratelli, tanto che in quattro hanno preferito andarsene. Non li biasimo, certo – dice – perché tutti dobbiamo mangiare. Ma io so che ho fatto tutto per bene. Non mi toglieranno il mio lavoro».
Le prospettive Cosa succederà, adesso? Chiedo a queste persone. «Credo che saranno i giudici a dover stabilire chi abbia ragione – dice Amenta – perché io, che conosco bene Marcangeli, visto che il rapporto di collaborazione è andato avanti per tanti anni, ho consegnato tutta la documentazione in mio possesso, non solo relativa a questo cantiere, ai miei avvocati (fanno capo allo studio legale di Francesca Clericò; ndr)». Giunio Marcangeli, invece, tace: una gentile signora, con uno spiccato accento straniero, fa sapere che «in questo momento non è in ufficio, lei può lasciare suo recapito?». Fatto.