Monsignor Bartoli col vescovo Boccardo

«Siamo prigionieri, ma non siamo soli. Il cuore di Gesù batte con noi dietro le sbarre». Così un ergastolano del carcere di Maiano ha accolto, a nome di tutti i detenuti in regime di 41 bis, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo che nella casa di reclusione di Spoleto ha aperto la Porta santa della misericordia, individuata in quella che dal corridoio porta alla cappella del penitenziario.

La celebrazione: fotogallery

Il Giubileo entra nel carcere di Maiano La celebrazione giubilare è solo l’ultima della serie di visite che negli ultimi quindici giorni il presule ha compiuto nell’istituto di pena, dove in quattro occasioni ha incontrato i reclusi sottoposti al regime di carcere duro. Da loro è infatti iniziato il percorso per la misericordia che prima della fine dell’Anno santo verrà compiuto anche dagli altri detenuti. A officiare la santa messa il presule affiancato dal cappellano, monsignor Eugenio Bartoli che ha preparato la liturgia proprio coi condannati che stanno scontando la pena a Maiano.

Vescovo coi detenuti del 41 bis La prima lettura della liturgia, tratta dal libro del profeta Daniele, presentava Sadrac, Mesac e Abdènego messi in una fornace ardente dal re Nabucodònosor in quanto colpevoli di non servire i suoi dèi. Sui tre ragazzi scese l’angelo del Signore che soffiò dentro la fornace e il fuoco non fece loro del male. «Sadrac, Mesac e Abdènego – ha detto l’arcivescovo Boccardo – sono stati fedeli al loro Dio e lui li ha protetti. Ciò significa che Dio si prende sempre cura dei suoi figli, anche se a volte il male e il peccato deturpano in noi la sua immagine».

«Pregate per chi avete ferito con le vostre azioni» Data lettura anche del Vangelo di Giovanni che, invece, invitava a rimanere nella parola di Gesù e conoscere così la verità, che farà liberi: «È importante – ha affermato monsignor Boccardo – fare verità su noi stessi, riscoprendo quella componente di bene e di desiderio di una vita piena che si può talvolta assopire ma mai cancellare definitivamente. Facendo leva su questa parte buona di noi – ha proseguito – possiamo gustare una libertà interiore che nessuna sbarra può limitare». Nelle preghiere dei fedeli l’arcivescovo ha invitato i detenuti a presentare a Dio misericordioso i familiari «che soffrono con voi la separazione» e quelle persone «che sono state ferite e soffrono a causa del vostro agire».

«Noi segnati dal fine pena mai affamati della parola di Dio» Al termine della celebrazione il presule ha consegnato a tutti un’immaginetta del volto misericordioso di Cristo (quello benedicente del Solsterno posto sulla facciata della Cattedrale di Spoleto), scelto come immagine simbolo del Giubileo nella Chiesa spoletana-nursina. «Oggi con la presenza del vescovo tra noi – ha detto l’ergastolano che ha fatto il saluto iniziale – Gesù è venuto e ha alleviato il nostro fardello. Nonostante la nostra vita sia segnata da una fine pena mai, siamo comunque affamati della parola di Dio, desiderosi di spezzare le catene della schiavitù del male, convinti che non bisogna smettere di sognare e di sperare».

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