di Ivano Porfiri
Parla di «vile aggressione» la cofondatrice del Festival del giornalismo di Perugia, Arianna Ciccone, a proposito dell’episodio avvenuto domenica sera con le contestazioni alla blogger cubana Yoani Sanchez. La Sanchez, intanto, replica su Twitter e i contestatori rispondono via mail.
I fatti Un gruppo di persone contrarie alle posizioni della Sanchez, hanno inscenato domenica prima una contestazione con striscioni e volantini fuori dalla Sala dei Notari. Poi, all’ingresso della nota blogger anti-castrista hanno fatto irruzione sul palco con cori e slogan fino a essere allontanati. Alcuni di loro, però, sono rimasti in sala e hanno preso la parola dopo l’intervista alla Sanchez da parte del direttore de La Stampa, Mario Calabresi, per porre domande. A questo punto, siccome gli interventi erano lunghi e provocatori, la Ciccone li ha interrotti per dare spazio anche ad altre domande. La tensione si è accesa di nuovo e si è sfiorato il contatto fisico, tanto che sono dovuti intervenire il servizio d’ordine e la polizia, che ha poi scortato la Sanchez ma anche gli organizzatori.
LA FOTOGALLERY: I CONTESTATORI
VIDEO: LA LITE TRA CONTESTATORI E ORGANIZZATORI
Ignobile agguato Arianna Ciccone è tornata su quanto successo nel corso della conferenza stampa di chiusura del Festival. «Il punto non è il dissenso o la contestazione – ha detto – ciò che non è accettabile è l’insulto, le espressioni di odio: quello di ieri è stato un ignobile e vigliacco agguato». Ciccone ha detto di conoscere quella che ha definito «la leader di un manipolo di gentaglia». «Mi aveva chiesto negli anni scorsi spazio per dei blogger filo castristi – ha spiegato -, ma poi non se ne è fatto nulla perché non accettava il confronto».
VIDEO. LE LITI E L’INTERVISTA A I CONTESTATORI
Aggressione premeditata L’organizzatrice del Festival ha sottolineato poi che «Yoani Sanchez accettava il confronto ma loro hanno organizzato un agguato, una vile aggressione. Premeditata perché una prima falange ha occupato il palco sapendo che sarebbero stati allontanati, mentre altre persone si sono mescolate al pubblico e hanno monopolizzato lo spazio domande per leggere veri e propri proclami propagandistici scritti». A chi la criticava per aver acceso ancora di più gli animi con il suo intervento, Ciccone ha replicato: «Accetto i punti di vista, ma io avevo il dovere di difendere la mia ospite dall’aggressione e non me ne pento». Ciccone ha infine ringraziato la Sanchez per «aver reagito alle provocazioni con calma e tranquillità» e Calabresi per «aver gestito tutto con grande stile».
Sanchez risponde via Twitter Da parte della blogger, intanto, poco spazio viene dato all’episodio in sé marcando invece l’accento su quanto avviene nella sua Cuba. Via Twitter dice: «Perché qui mi possono insultare però almeno ho il diritto al microfono, invece tanti a Cuba vengono denigrati e repressi senza difesa». Invece, in altri tweet ringrazia l’Italia: «Ringrazio tutti per la solidarietà ricevuta, gli abbracci sono stati tanti e molto sentiti» e, ancora: «il passaggio in Italia è molto bello, un godimento per gli occhi».
Mail da una contestatrice Ma c’è anche la campana dei contestatori da riportare. Pubblichiamo qui di seguito una mail ricevuta da Anna Serena Bartolucci:
Il personaggio ieri sera ospite del Festival del giornalismo, discutibile e discusso in tutte le sedi in cui, nel suo tour del mondo, è intervenuta pubblicamente (perfino a New York), qui a Perugia non era previsto fosse interpellata dal pubblico. Dopo 45 minuti di conversazione (amabile e reverenziale) con Mario Calabresi, il direttore de La Stampa (che l’ha come sua collaboratrice), ho osato chiedere se si potevano fare domande… e si è scatenata l‘ira della madre-padrona dell’evento! Solo grazie alla pazienza di Mario Calabresi (presumibilmente consapevole di una dignità giornalistica da preservare) sono riuscita a pronunciare le prime dieci parole che hanno scatenato un impulso censorio incontenibile e al grido di “VERGOGNA” mi è stato tolto il microfono… poi la mediazione di Calabresi che si è offerto di leggere in mia vece la domanda (la parte meno scomoda). Il tentativo imperioso e violento di censurare domande successive è poi tristemente continuato.
Mi pare abbastanza grottesco che a far eco a una Yoani che si lamentava perchè il microfono a Cuba non glielo davano… si sia dimostrato che neanche qui il microfono è alla portata di un cittadino qualsiasi. Evviva la libertà… di pensiero, di stampa, di dissenso!
Ecco la domanda che non mi si è permesso di porre:
Gli USA ruppero le relazioni diplomatiche con Cuba nel 1961, poco prima di tentare l’invasione armata dell’isola. Poi, dopo il fallimento di quell’operazione, decretarono uno stato di guerra totale: finanziaria, culturale, commerciale… un tentativo di strangolamento che l’Assemblea dell’ONU da 20 anni consecutivi condanna massicciamente (voto contrario di USA e Israele). Uno stato di guerra che addirittura vieta ai cittadini statunitensi di andare in viaggio a Cuba, catalogato come paese nemico.
Lei si dice patriottica, mossa da amore alla sua terra e in lotta perché sia libera e felice.
Ci risulta che nella sua visita a Washington lei abbia chiesto ai Congressisti più aiuto per forzare un cambio politico a Cuba. Ci risulta da foto e documenti che lei entra e esce su auto diplomatiche dall’ufficio USA de L’Avana.
Come si concilia il suo patriottismo con la sua familiarità con funzionari di un Paese che dichiara lo “stato di guerra” contro Cuba? non la imbarazza?
E, in questo quadro, qual è la sua opinione in merito ai fondi posti a bilancio negli USA per finanziare un “cambio di regime”?
Ho qui un documento: una lettera del Dipartimento di Stato al Congresso in cui si dettaglia la destinazione dei 20 milioni di dollari stanziati nel 2011 per Cuba, tra cui cito per brevità solo una voce: 1.530.000 per giornalisti e blogger
Lei, ovviamente, non rientra fra questi “salariati”, ma avrà comunque un’opinione in merito.
Le precisazioni si AsiCubaUmbria L’associazione AsiCubaUmbria con la stessa Anna Serena Bartolucci ha poi diffuso le seguenti precisazioni:
1—l’Associazione di cui sono attualmente responsabile (AsiCubaUmbria) ha chiesto e ottenuto un regolare permesso per un punto informativo su piazza IV Novembre sul tema “Campagna internazionale per la Liberazione dei 5 cubani detenuti negli USA”, nel pomeriggio di domenica; è scorretta la definizione di “contestazione fuori della Sala” (o esprimere civilmente valutazioni magari non condivise da tutti è di per sé “contestazione”?)
2—l’Associazione ha distribuito materiale informativo anche sulle posizioni sostenute dalla signora Yoani Sanchez sul medesimo tema e su altri, compresa una lettera aperta al Festival, di cui nessun giornale aveva nei giorni precedenti democraticamente pubblicato neanche una riga;
3—l’Associazione aveva TUTTO L’INTERESSE a poter parlare in sala, ritenendo importante (e attinente ai propri compiti statutari) porre domande utili alla comprensione del tema da parte del pubblico
4—E’ TOTALMENTE FALSO CHE AsiCubaUmbria abbia avuto alcuna responsabilità e/o partecipazione nella “irruzione sul palco”: sfidiamo chiunque a dimostrare il contrario. Anzi, l’intervento in questione ha nuociuto irreparabilmente allo svolgersi dell’incontro, col creare un clima affatto propizio alla circolazione di idee e valutazioni, quindi avverso ai nostri interessi
5—E’ TOTALMENTE FALSO che “la Ciccone ha interrotto gli interventi perchè erano lunghi e provocatori”: ho avuto il tempo di pronunciare dieci parole e mi si è violentemente ingiunto di tacere
6—se la signora Ciccone allude alla sottoscritta quando afferma “la leader di un manipolo di gentaglia”, la chiamo a RETTIFICARE FORMALMENTE: la sottoscritta e i componenti dell’Associazione non hanno mai espresso nulla di riprovevole, antidemocratico, violento o scorretto in 20 anni di attività ed anzi hanno spesso riscosso stima e collaborazione da parte di diverse istituzioni territoriali. Probabilmente la signora è un po’ “straniera” da queste parti e non ci conosce, probabilmente ha perso la testa con “l’irruzione” di cui sopra (che sarà stata la causa della grande violenza che ha espresso e che tutti in sala hanno potuto misurare)… non è una giustificazione. Ha il tempo per correggersi.